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Natale 2011
RISCOPRIAMO L’IDENTITÀ CRISTIANA
(dal Vangelo di Giovanni 1,1-18)
La festa del Natale è una festa di un valore immenso per la fede cristiana, per
la nostra stessa vita cristiana. non ce ne rendiamo conto di quello che è
avvenuto: che cosa è successo a Natale, perché è una festa così importante, che
cosa è accaduto in quella notte benedetta, quando è nato il Bambino Gesù?
Occorre contemplare, in maniera profonda, vera, secondo la luce della nostra
fede, questo mirabile evento:“Il verbo si è fatto carne” – Natale, in modo che
possiamo capirlo, almeno per quanto è consentito alla nostra piccola mente, in
tutta la sua luce, in tutto il suo fulgore, nella sua immensa profondità. In tal
modo possiamo viverlo con maggior fede, con maggior disposizione interiore e
diventa per tutti un momento di grazia, di rinascita; perché, con il Natale è
successo qualcosa di infinitamente grande, di inaudito. Nessuno poteva mai
pensare quello che è accaduto a Natale, nessuna mente umana, nessun filosofo,
nessun potente del mondo avrebbe potuto immaginare o minimamente intravedere
quello che è il Natale:
“il Verbo si è fatto carne”
In effetti, ci si chiede: perché accorriamo alla grotta? Chi è quel Bambino che
giace nella mangiatoia? Perché ci prostriamo? Perché lo adoriamo?
Sono domande molto pertinenti,alle quali, presi da tante cose, non diamo le
sufficienti risposte e neanche una riflessione adeguata, in modo che questa
festività del Natale, non fugga via senza lasciare un segno, ma resti impressa
profondamente dentro di noi e ci doni quella gioia, quella grazia, quella forza
interiore che Gesù è venuto proprio a portarci con la Sua nascita a Betlemme.
Leggendo il prologo del Vangelo di Giovanni, che ascolteremo nella messa di
Natale, esso fa luce, apre uno sprazzo, in modo che noi, guardando quel Bambino,
possiamo renderci conto chi è e perché è venuto, perché è nato: Dio si è fatto
uomo, il Verbo si è fatto carne: che cosa significa?
Giovanni dice: “In principio era il Verbo”. “In principio” qui si intende una
realtà al di sopra della storia, il principio eterno, che avvolge il mistero
della vita stessa di Dio, colui che è trascendente e che va al di là della
realtà umana. In questa dimensione eterna esisteva da sempre il Verbo, la
Parola, quella Parola che esprime tutta la verità, la bellezza, l’armonia, la
santità, la gloria, è la Parola eterna, che viene pronunciata da sempre nel
mistero infinito di Dio. Questa parola eterna era presso Dio, accanto a Dio,
faceva parte della stessa vitalità di Dio, dello stesso essere di Dio; però, si
distingue da Dio, perché è presso Dio, il Padre, è la Parola del Padre, la sua
perfetta espressione, è la sua immagine eterna che è chiamata anche il “Figlio
di Dio”. Perciò aggiunge l’Evangelista: “il Verbo era Dio”; non solo dunque
presso Dio, accanto a Dio, ma è anche Dio. Se ora noi volgiamo lo sguardo su
quella creatura piccola, quel neonato che giace nella mangiatoia di Betlemme e
ci chiediamo:”chi è”, Giovanni ci offre subito lo sprazzo di luce sconfinata:
“Quel bambino è la Parola eterna, che da sempre e per sempre è presso Dio, ma è
anche Dio”.
A questo punto si apre su una dimensione di grandezza, di bellezza e di valore
immenso. Sì, concretamente, è un Bambino, ma quel Bambino è lo stesso Verbo che
in principio era presso Dio e che è Dio. Questo è il mistero che ci viene
proposto dal Natale! Dunque un Bambino come tutti, ma anche diverso da tutti gli
altri bambini; come tutti perché ha una natura umana, che ha preso dal corpo
immacolato di Maria, ma non è come tutti, perché è anche il Verbo eterno di Dio,
il Figlio di Dio, che vive per sempre accanto a Dio. Ed è per mezzo di questo
Verbo, di questa Parola, che il Padre onnipotente ha fatto esistere dal non
essere all’essere tutte le cose. Perciò tutto ciò che esiste, dal più piccolo
essere agli esseri più grandi, più nobili, come l’uomo, creato a immagine e
somiglianza di Dio e come gli angeli, tutte queste entità sono state create per
mezzo di quella Parola eterna. E aggiunge l’Evangelista: “senza il Verbo niente
è stato fatto di ciò che esiste”. Pertanto, il Verbo, con la sua luce, con la
sua verità, con la sua grazia, avvolge tutte le cose, anche le più piccole, le
più insignificanti e le più belle. Tutte sono state causate dal Verbo eterno,
per mezzo del quale Dio le ha create.
Inoltre Giovanni dice che nel Verbo, nel Figlio eterno, c’era la vita, perciò
egli è il principio della vita; non può esistere vita senza che abbia un
riferimento con il Verbo di Dio; la vita è la luce che illumina gli uomini,
affinché gli uomini possano camminare secondo la luce vera , che è la Verità,
quella di Dio che offre all’umanità uno sprazzo di luminosità, in virtù del
quale gli uomini possono dirigersi su strade rette, sante, buone. Questa luce ha
gettato il suo splendore nelle tenebre, intese nel senso dell’oscurità fisica,
ma di una mentalità, in cui gli uomini giacciono, lontani da Dio, avvolti nei
loro peccati, nella loro miseria, nella loro cattiveria. la luce divina ha
gettato lo splendore in mezzo alle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.
L’umanità cioè è rimasta chiusa nella propria dimensione tenebrosa e non ha
lasciato penetrare dentro di se questa luce potentissima che avrebbe cambiato il
volto della società e del mondo intero.
E questa luce, ripete Giovanni: “era nel mondo, il mondo fu fatto per mezzo di
essa eppure il mondo non lo riconobbe” e qui si può intendere il mondo non come
l’Universo creato ma quella umanità che vivendo nelle tenebre, nel rifiuto
costante dell’amore di Dio, di fatto non si arrende a questa luce e perciò non
lo ha “riconosciuto”.
Questo fatto fa riflettere, perché quello che è avvenuto nel passato, si
realizza anche oggi! Qui le cose diventano veramente complicate e dolorose!
L’umanità è distratta, è presa da tante cose e non si ferma, per rendersi conto
della luce che nasce, che risplende nel mondo, affinché il mondo possa cambiare
la sua situazione, possa ritrovare il senso giusto delle cose, possa convertirsi
e cambiare rotta. Ancora prosegue il testo evangelico: “venne tra la sua gente
ma i suoi non lo hanno accolto”. Neanche la “sua gente” si è resa disponibile ad
accoglierlo.
Anche noi, che siamo discepoli di Cristo, noi che ci chiamiamo cristiani, di
fatto siamo distanti da lui, presi dalla nostra realtà, terrena, gretta, dalla
nostra miseria, dal nostro egoismo, dalla nostra cattiveria. Anche noi non lo
riconosciamo, non lo apprezziamo, non apriamo il nostro cuore, per poterlo
vedere in tutto il suo splendore! Ma ci può essere la disposizione contraria che
si dispone all’accoglienza: “a quanti però lo hanno accolto ha dato potere di
diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome”. A quanti lo hanno
accolto, a coloro cioè che si sono preparati , nell’umiltà, nella semplicità
d’animo, a quelli che nella luce della fede lo hanno riconosciuto, lo hanno
adorato, contemplato, si sono inginocchiati di fronte a questo Verbo eterno
fatto carne; a quel Bambino, al Verbo incarnato, è stato donato il potere
sovrumano, di diventare figli di Dio; a quelli che “credono nel suo nome” . Qui
nasce il senso del Natale e io mi auguro che noi siamo proprio tra questi: che
Lo accogliamo nella fede vera, profonda, intensa, nell’affetto più sincero, più
profondo, perché è il nostro Salvatore quel Bambino, è il nostro Dio fatto uomo.
Tutto il resto passa in secondo ordine; non lasciamoci andare dietro ad altre
realtà e iniziative che impediscono di contemplare questo mistero enorme di
amore, di santità, di salvezza, per tutti.
Ci rendiamo conto di una così enorme realtà? Noi, creature immerse nel peccato,
nella miseria, schiavi dell’egoismo, della disperazione, se accogliamo il Verbo
fatto uomo, se apriamo il cuore al Bambino che nasce a Natale, allora verremo
completamente trasformati, trasfigurati, non più umiliati, offesi dalle nostre
miserie ma resi partecipi della stessa figliolanza di Dio, partecipi della
stessa santità di Dio, del Suo amore, della Sua vita, della Sua beatitudine
infinita: ecco il mistero del Natale !
Don Renzo Lavatori
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