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Confessione e remissione dei peccati
Giancarlo
- 21 gen, 2011
Reverendo professore, vorrei farle una domanda su un argomento piuttosto controverso in seno alle diverse dottrine cristiane.
Premetto che quando mi confesso non riesco ad essere un valido e credibile accusatore di me stesso. Non lo faccio apposta, ma per quanto mi possa sforzare ho dei grossi vuoti di memoria.
D'altronde, in ogni circostanza ho sempre incontrato le stesse difficolta' e la stessa confusione anche nel trovare delle valide ragioni a mio vantaggio. Una volta chiesi al mio confessore se potevo annotare i miei peccati a mo' di lista della spesa, ma lui rispose categoricamente che NON lo dovevo fare. Quindi nel confessionale sono piuttosto vago, superficiale, sempre molto a disagio e attento a quello che potrebbe umanamente essere il giudizio morale del confessore nei miei confronti. Per cercare di rimediare a questa mancanza di attitudine, in ogni momento della giornata chiedo con il cuore a Dio perdono dei miei peccati.
Dunque le chiedo: quanto e' efficace la confessione per la remissione dei peccati trattandosi di una relazione verbale e quanto incidono i vuoti di memoria, le reticenze verbali e il "fattore ipocrisia"?
A cosa serve la confessione se Dio, nel giorno del traguardo finale, ci sistema tutti giudicando nella sua onniscienza regale i confessori, i confessati, chi si confessa raramente e chi non si confessa mai?
Grazie per le sue risposte luminose.
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- Re: Confessione e remissione dei peccati
Don Renzo - 28 gen, 2011
Carissimo, molto interessante e di attualita' la tua domanda circa la confessione dei propri peccati. Le questioni aperte sono molteplici sebbene tra loro correlate. Ora cerco di chiarirle una ad una tenendole pero' tra loro unite da un filo conduttore comune.
Anzitutto bisogna dire che nella confessione vi sono due aspetti complementari: uno piu' profondo che riguarda l'atteggiamento interiore del cuore umano, l'altro esteriore e formale che concerne la confessione verbale degli atti peccaminosi. Per il primo aspetto, quello interiore, si tratta di rendersi conto del senso e del valore del peccato nel suo significato generico ma molto importante. In effetti il peccato costituisce un atteggiamento della creatura umana nei confronti di Dio suo creatore, Signore e salvatore. Poiche' Dio ha voluto stabilire con l'uomo un rapporto di comunione di reciproco amore e di fedelta' come il rapporto tra due persone che si vogliono bene, Egli, che e' sommo bene e amore infinito, mostra sempre una grande benevolenza e non viene mai meno ai suoi impegni di generosita' e di provvidenza, mentre la creatura umana, di indole debole e limitata, cade nella situazione di infedelta' e di incorrispondenza all'amore divino, chiudendosi nel proprio egoismo e cercando soddisfazioni egoistiche piuttosto che atti di ubbedienza e di benevolenza sia verso Dio sia verso il prossimo. Questo atteggiamento di infedelta' costituisce il peccato umano che interrompe la comunione di amore con Dio. Chiudendosi al rapporto con Dio, l'uomo purtroppo perde molti vantaggi, poiche' Dio e' bonta', verita', vita, gioia, felicita' infinita. Percio' nel peccato il soggetto umano si ritrova privo di queste qualita' positive e rimane prigioniero della menzogna, dell'egoismo, dell'orgoglio, dell'odio e di altre imperfezioni deleterie. Occorre che egli prenda coscenza del siginificato forte e drammatico che il peccato porta con se. Sentendo dentro di se la gravita' di questo stato lontano da Dio, prova quel sentimento di dispiacere e di rammarico che si chiama "compunzione" o dispiacere del proprio peccato. Allora si inginocchia e ricorre al suo Signore e redentore, chiedendo il perdono per queste miserie nella consapevolezza che Dio e' sempre pronto a riabbracciare la propria creatura quando la vede pentita. In effetti Dio ha donato il proprio Figlio sulla croce per effondere il suo amore misericordioso verso i peccatori.
Una volta accertato questo significato del peccato, consegue logicamente e necessariamente il bisogno di confessare i propri peccati anche verbalmente e formalmente in modo da accertare i suoi autentici sentimenti davanti a Dio. Qui' si pone il sacramento della confessione, nel quale il sacerdote ministro rappresenta Gesu' stesso e si fa strumento autorevole sia per accogliere la confessione dei peccati sia per rivolgere al penitente il perdono stesso di Dio. Allora si e' liberati dalla schiavitu' del peccato e si ritrova la gioia e la serenita' di tornare alla comunione con Dio ed essere riabbracciati come figli suoi.
Come vedi, occorre coltivare soprattutto il primo aspetto, quello interiore della compunzione, altrimenti il sacramento della confessione resta un atto meccanico e formale; mentre i singoli atti peccaminosi vanno certamente detti ma non devono diventare il motivo principale della confessione, per non cadere in uno stato di scrupolo e di fredda tecnicita'. Se il cristiano invece attua ambedue gli atteggiamenti, allora la confessione si fa momento vitale e di rinnovamento interiore e di crescita spirituale.
Per questa ragione se succedono vuoti di memoria o se l'elenco dei peccati non viene perfetto, resta vivo tuttavia il sentimento profondo dei propri peccati, che e' l'elemento principale come e' stato detto. Per quanto poi riguarda il giudizio finale di Dio alla parusia di Cristo alla fine dei tempi, occorre notare che quel giudizio non sara' altro che la manifestazione luminosa e completa del rapporto di amore tra Dio e le creature umane. In quel momento non ci sara' piu' bisogno del sacramento della confessione, ma semplicemente apparira' la verita' di questo rapporto di amore, perdendosi le distinzioni terrene dei confessori, dei penitenti e delle varie realta' concrete. Colui che nella sua vita terrena avra' dimostrato il suo amore pieno a Dio, entrera' nel suo amore infinito e nella beatitudine celeste; colui invece che sara' rimasto chiuso nel proprio egoismo e avra' rifiutato quell'amore sara' allontanato dalla comunione con Dio nella dannazione.
Spero di aver chiarito le tue domande e sono a disposizione per qualsiasi ulteriore informazione. - Ancora un dubbio
Giancarlo - 31 gen, 2011
Reverendo Prof. Renzo, ho letto con molto interesse la sua risposta alla mia domanda sull'efficacia della confessione che ho trovato edificante e chiarificatrice. Mi e' sorto solo un dubbio di intepretazione riguardo la relazione esistente tra il giudizio "Finale" e il giudizio "Particolare" da lei spiegato in una sua precedente risposta alla domanda dal titolo "Cosa accadra' dopo la morte?".
GIUDIZIO PARTICOLARE:
"L'anima subito si presenta davanti al Signore per il Giudizio detto "Particolare o Personale" secondo il quale nella luce della verita' divina l'anima viene destinata o direttamente in paradiso, se e' trovata tutta santa, oppure al purgatorio, se deve ancora purificare alcune mancanze leggere o alcuni difetti per essere totalmente santificata e degna della visione beatifica di Dio; se l'anima invece e' giudicata da Dio degna della condanna eterna, allora precipita subito all'inferno".
GIUDIZIO FINALE:
"Occorre notare che quel giudizio non sara' altro che la manifestazione luminosa e completa del rapporto di amore tra Dio e le creature umane. In quel momento non ci sara' piu' bisogno del sacramento della confessione, ma semplicemente apparira' la verita' di questo rapporto di amore, perdendosi le distinzioni terrene dei confessori, dei penitenti e delle varie realta' concrete".
Mi sembra di capire che in ogni caso il Giudizio del Creatore all'istante della morte si colloca al di sopra della dinamica terrena nel rapporto sacramentale intercorso tra confessori e confessati che, per le stesse peculiarita' della nostra natura umana, rischia facilmente di essere condizionato dall'elemento ipocrisia. Il Sacramento della Riconciliazione sembrerebbe percio' non essere un distributore automatico di salvezza eterna! Possiamo dunque dedurre che riguardo le questioni di fede non esistono automatismi ma tutto e' rimesso alla misericordia di Dio?
Ill.mo Don Renzo, puo' gentilmente spiegare la relazione esistente tra GIUDIZIO PARTICOLARE e GIUDIZIO FINALE?
Il Giudizio Finale puo' costituire una seconda opportunita' di salvezza per l'anima peccatrice?
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