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  Un'ultima speranza o sara' la rovina eterna?
Ruggiero - 3 mar, 2012

Un teologo ha risposto prudentemente ad un quesito su Famiglia Cristiana che c'e' in atto una riflessione sulla possibilita' che il fuoco purificatore dopo la morte potrebbe rappresentare l'opzione ultima come mezzo di salvezza estrema e con esso il purgatorio. E' possibile che Gesu' si sia riservato un ultimo gesto magnanimo ed estremo per l'anima in bilico e sull'orlo del precipizio prima della sua rovina eterna? Grazie e complimenti per la sua disponibilita' e bravura.

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  • Il purgatorio nella visione cristiana
    Don Renzo - 3 mar, 2012

    Il purgatorio, nella tradizione cattolica, è visto come uno stato di purificazione dopo la morte, per le anime che muoiono in grazia di Dio, ma gravati di alcune mancanze leggere o carenti della penitenza inerente ai peccati o alle pene ad essi connesse. Lo ribadisce il Catechismo: “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del Cielo” (CCC 1030).
    S. Tommaso lo spiega dicendo che alcuni cristiani, pur non avendo rifiutato l’amore a Dio, possono conservare ostacoli spirituali che impediscono la piena visione beatifica. Essi hanno bisogno di liberarsi totalmente prima di essere ammessi alla pienezza della vita eterna. Ne consegue che, se non lo fanno su questa terra per negligenza o per un decesso improvviso, sono costretti a compierlo nell’altra vita. Non meritano la pena dell’inferno, ma necessitano soltanto di una totale maturazione e liberazione per raggiungere la completa sintonia con la verità e l’amore divini. E ciò non solo costituisce un bene di miglioramento fino alla perfetta santità per le anime, ma rientra meravigliosamente nella caratteristica della divina giustizia e della sua misericordia.
    Pertanto la purificazione ultraterrena fa parte del compimento dell’uomo in Gesù risorto. Essa abbraccia due significati essenziali e complementari: da un verso la sofferenza per la purificazione dei peccati e dall’altro l’attesa gioiosa della propria realizzazione. In pratica si tratta del cammino di santificazione di chi, pur avendo accesso al premio eterno, si scopre ancora segnato da imperfezioni e delimitazioni, che possono essere ripulite e allontanate definitivamente per mezzo della carità piena verso Dio il sommo bene. È un amore intenso e ardente che pulisce e rinnova, come il fuoco depura ogni scoria dell’oro, per renderlo splendente. Da qui l’accostamento del fuoco all’amore, quale forza rinnovatrice e purificatrice.
    Chi invece nella vita terrena ha fatto una scelta di rifiuto di Dio e del suo amore, cadendo e restando in peccato mortale, dopo la sua morte non può fare altre scelte. La vita terrena è donata da Dio proprio con lo scopo di porre una opzione fondamentale verso di lui, anche sul punto di morte ma non dopo la morte. Caterina da Genova (1447-1510) ha scritto un trattato sul purgatorio, frutto delle sue esperienze mistiche, nelle quali, bruciata dall’amore infuocato di Dio, ha potuto considerare le pene e le gioie delle anime purganti, con accenti di acuta riflessione e di luminosa veridicità. Tra le varie espressioni alcune sono più rilevanti.
    Una riferisce lo stato proprio del purgatorio: “Le anime sono nella carità e non possono deviare da essa con una mancanza volontaria: non sono più in grado di volere né desiderare altro, se non esclusivamente il volere puro della carità pura. Infatti, essendo immerse nel fuoco del purgatorio, appartengono al disegno divino – che è carità pura – e in esso non sono nella condizione di deviare in nessuna parte. Trovano così impedimento nel commettere peccato attuale e, parimenti, nel compiere atti meritevoli”.
    Per quanto concerne le finalità del purgatorio è bene rilevare quanto è stato esposto da varie interpretazioni di spiritualità e di teologia, come dalla Commissione Teologica Internazionale. In pratica sono tre gli scopi principali.
    Sono cancellati i peccati veniali, i quali non impediscono la comunione con Dio, ma ostacolano il pieno amore verso di lui e la condivisione della sua santità. Per questo devono essere totalmente rimossi. Ne segue una radicale e definitiva detestazione del peccato, percependo la sua vera gravità e lordura.
    Con la purificazione è tolta anche l’inclinazione al male o fomite o concupiscenza, che non costituisce il peccato, ma predispone e conduce ad esso. Le anime sono mondate per mezzo della carità pura, che diventa dolorosa perché l’uomo deve totalmente distaccarsi dagli attaccamenti effimeri e vani. La stessa morte può offrirsi quale evento favorevole per attuare tale processo di liberazione.
    Infine è abrogata anche la pena temporale, in corrispondenza al disordine e all’ingiustizia provocati dal peccato. Per questa ragione occorre restaurare l’ordine e la probità conformemente alla sapienza di Dio, in modo che tutti e tutto siano rinnovati e configurati secondo il divino progetto della salvezza.

    Oggi il suffragio per i defunti può apparire a taluni come una realtà superata, ancorata a una concezione mitica della vita oltre la morte, nella quale si pensava di ottenere dei favori per un’anima cara con qualche preghiera d’intercessione. Si assiste pertanto all’abbandono progressivo della preghiera di suffragio.
    È necessario invece non abolire, ma approfondire e chiarire questa tradizione, che si inserisce in una pratica antichissima della Chiesa.
    I vivi di quaggiù formano un solo corpo con coloro che sono nati nella morte alla piena comunione trinitaria e sono i veri vivi. Gesù, il capo o la testa, conduce il suo corpo al compimento totale. Come egli ama ogni membro, così un membro ama e serve l’altro, mentre tutti insieme tendono alla pienezza della vita celeste. Colui che sperimenta l’impegno della purificazione non viene abbandonato, ma circondato dalla carità che lo ha congiunto ai suoi fratelli in terra e che unisce tutti oltre il velo della morte. Per questa ragione, in forza del peccato che costituisce un ostacolo alla piena comunione con il Signore glorioso, i fedeli sono uniti in preghiera a tutti i loro simili che non sono più in questo mondo, in particolare a coloro che hanno bisogno di trovare la piena maturazione e rettificazione di sé per l’incontro beatificante con la bontà divina.


 

Don Renzo Lavatori - www.mistagogia.net

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