Benvenuto nel sito di Don Renzo Lavatori                                                                                                        

 

ARGOMENTI

22 / 50

 

Alcune riflessioni di Don Renzo sulla figura e sul messaggio profondamente attuale di una santa straordinaria che è Veronica Giuliani di Città di Castello. Egli è impegnato a scrivere un libro proprio su di lei. Queste parole sono una specie di anticipazione.
 

VERONICA: UN COLOSSO DEL CRISTIANESIMO

 

Per me è stata una meravigliosa scoperta: quella di un mondo impensato e per certi aspetti inaudito e paradossale, che però ha mostrato una luce intensa e una gioia soave. Si tratta del mondo interiore nascosto dietro una spirito eccelso in altezze vertiginose e sottomesso silenziosamente alla quotidianità; umile come una povera serva e coraggioso come un soldato in frontiera; torturato da sofferenze lancinanti e festoso nella giocondità dell’amore; semplice come una bambina e complesso come un ricercatore rigoroso e insaziabile; quieto e felice nell’assaporare il bene dell’anima ma forte e tenace nell’affrontare le lotte contro gli assalti della carne e del maligno. È il mondo interiore di Santa Veronica Giuliani, di cui tracciamo alcune stupende seppur succinte pennellate. Per il resto lasciamo al lettore il proseguimento e l’ampliamento dei dettagli e di altri interessanti tratti per una adeguata raffigurazione di un personaggio di così particolari qualità.

1. La funzione di “mezzana” fra cielo e terra. Difficile tratteggiare anche solo alcuni elementi della sua personalità, perché essa si apre e si annoda creando una variegata gamma di colori e tonalità che abbracciano una ricchezza incalcolabile e umanamente inafferrabile ad ogni pretesa di circoscriverla dentro schemi scontati e fossilizzati. Veronica si distacca e si eleva al di sopra dell’umano pensare, raggiungendo raffinate concezioni spirituali, immergendosi costantemente nella sfera del divino, contemporaneamente si abbassa e si china sulle misere situazioni dell’umana esistenza. Si abbandona nell’intensa contemplazione del Cristo, appassionante e crocifisso, in modo travolgente e totalizzante, come se null’altro esistesse attorno a sé, estasiata e rapita, insieme però si fa sensibile e attenta alle esigenze e ai bisogni delle sorelle, non solo all’interno del monastero, ma verso tutti i sofferenti, i peccatori, tutta l’umanità bisognosa di salvezza e di redenzione. Ella è presa e attratta dalle creature umane che patiscono sulla terra, avvolta da oscurità e tormenti, ma pensa con interiore carità anche alle anime che vivono nel cielo, soggette alla purificazione del fuoco, come appartenenti ad una sola vibrante umanità che attende il conforto e la pace del cuore, cerca e implora la divina giustizia e misericordia, desidera l’elevazione nella grazia, la conversione della vita e il perdono dei peccati. Veronica è lì, tra i due mondi, il celeste e il terreno, come una “mezzana” o mediatrice accanto al suo Signore e Sposo, che lei ama al di sopra di tutto nella consapevolezza assoluta che lui solo dona senso, gioia, fiducia e pienezza d’amore. Il suo sguardo, il suo cuore, le sue aspirazioni più intime, le sue vampe passionali si concentrano unicamente in lui e da lui attingono forza e impeto per riversarsi benevolmente sugli uomini e ridonare ad essi la luce della vita, il calore dell’amore.

2. La teoria del patire e dell’amare. Da quanto detto si capisce la sua concezione imbastita su due parole essenziali: patire e amare. Ambedue sono inseparabili e complementari, per cui non può sussistere un patire privo di amore, perché sarebbe insensato e assurdo; né, d’altra parte, avrebbe senso l’amore senza la sofferenza, perché sarebbe carente di valore e di sostegno, perderebbe la sua credibilità e cadrebbe nell’astrattezza e nel vano sentimento di chi professa di amare ma non vive dell’offerta di sé fino a morire per amore. Mirabile armonia di atteggiamenti non solo a livello psicologico, ma soprattutto nella pregnanza di rilievi spirituali, che mostrano una solida combinazione tra le verità accolte dalla fede e le esperienze vissute nell’adesione di amore. Un amore senza dolore suonerebbe a vuoto come un cembalo tintinnante; è la sofferenza che lo rende puro, vero, indissolubile. Come, al contrario, il dolore senza amore avrebbe l’amaro sapore di masochismo e cadrebbe nella spossatezza e nell’angoscia, nella rabbia e nell’aggressività, alla fine morirebbe nella disperazione.
Veronica descrive in parole inesprimibili la ferita del suo cuore che le ha fatto sentire il dolore dell’amore, quando racconta l’esperienza vissuta nella notte di Natale del 1696, in cui il Bambino Gesù le si manifesta vivo e lei lo può abbracciare e stringere al suo cuore: “Alla fine mi sentivo come impazzita...Lo presi in mano e lo stringevo al petto con pregarlo che volesse pigliare il mio cuore. Io sentii un non so che di nuovo nel medesimo cuore...Stavo appoggiata col mio capo al suo, non parlavo con la lingua, ma sentivo che l’anima mia si univa tutta a Lui coll’amore suo. Parevami che esso si mutasse tutta in un altra. In un subito fui levata dai propri sensi e parvemi capire che Gesù voleva farmi grazia di ferire il mio cuore. Oh! Dio! Qui sì che non posso con la penna dire niente di quello che provai in quel punto. Solo mi ricordo che Gesù Bambino aveva in mano come un arco con una freccia e parvemi che la mandasse a dirittura al mio cuore. Sentii gran pena. In quel mentre ritornai in me, trovai che il cuore era ferito, faceva sangue” (p. 37).

3. L’unione sponsale con Cristo. Il centro, il fondamento di questo impegnativo processo di purificazione e di santificazione si trova nella comunione sponsale con Cristo e della conseguente configurazione a lui. Qui si consuma e si risolve ogni aspetto della penitenza ascetica veronichiana, in modo da valutarla in verità e vitalità, senza misurarla con altri criteri che potrebbero farla sembrare una specie di autolesionismo e di disprezzo di sé e del proprio corpo, oppure ritenerla una espressione esagerata e sorpassata, tipica di altri tempi oscuri della storia del cristianesimo oggi inammissibili. Le cose non stanno in questo senso. Ella confessa candidamente nel Diario, quando descrive un dialogo amoroso con Gesù, che le dice: “Ora sei tutta mia. Che brami? Ed io dissi: Di sposarmi con Voi. Ed Esso mi mostrò l’anello che teneva di già preparato a questo fine e me lo mostrò e di nuovo lo rimise nel suo Cuore, con dirmi che, la mattina, quando sarei andata al convito della Comunione, Esso farebbe questo vincolo di legame unitivo, perpetuo e indissolubile. Frattanto mi preparassi alle nozze” (p. 40).
Poi viene l’atto propriamente matrimoniale, celebrato alla presenza della Vergine Maria, descritto con particolari veramente suggestivi e toccanti: “Stavami fissa la brama di sposarmi ben presto. In un subito, il Signore cavò quell’anello dal suo Costato, e dissemi: Ora è vero sposalizio...Così dicendo, la B. Vergine presemi la mano dritta e la porse al suo Figlio: ed Esso mi mise il detto anello in dito, e poi mi prese per mano, e dissemi: Chi sei? Io risposi: Sposa vostra. Ed Esso rispose: Come sposa mia?A che ti devo riconoscere per tale? Ed io gli dissi: Alle vostre sante piaghe che avete posto in me indegnissima. Queste mi fanno dire sono vostra sposa. Ed Esso rispose: Così è, come tu dici. E però queste piaghe ti lascio per pegno, acciò tu sempre abbia la mente in me. Sta posata sempre nel mio volere, ché io sono per te. Così dicendo, il Signore mi prese per mano, e, rivolto alla B. Vergine, le disse: Questa è mia sposa; viene ad essere vostra figlia. Ve la consegno, acciò mi sia fedele ed operante alle operazioni che io voglio fare in lei. La B. Vergine mi accettò, e, rivolta al Signore, gli disse: Le vostre piaghe siano la sua abitazione. Il Signore mi mostrò le sue piaghe, e mi disse: Qui devi stare, cioè nel suo santo Costato” (p. 40-41).

4. La totale configurazione al Crocifisso. Ormai unita a Cristo con il vincolo indistruttibile del matrimonio, Veronica non cerca altro che di assimilarsi sempre più al suo Sposo e Signore, ben sapendo che questo resta possibile se ella si lascia trafiggere dai segni della passione che hanno colpito il corpo e l’animo del suo amatissimo Gesù. Da qui non si scappa, come gli era stato detto ripetutamente da Gesù stesso e da sua Madre nel momento del loro atto nuziale. Ella raggiunge così il compimento di tutte le sue aspirazioni e dei suoi intensi desideri: essere una cosa sola con lui, immersa nelle sue piaghe atroci e insieme avvolta dal suo amore infinito. In tal modo non può disperdersi su altre traiettorie né lasciarsi avvincere da altri legami. Solo lui, tutto lui e sempre lui con lei e in lei. Felicità immensa e immensa sofferenza si accompagnano giorno dopo giorno fino alla consumazione della sua terrena esistenza. Le parole ora servono ben poco, poiché ella vive una esperienza indescrivibile ma meravigliosa: la stigmatizzazione. La cosa migliore è ascoltare quanto Veronica stessa ci trasmette attraverso il Diario:
“Mentre facevo orazione, per i peccatori, mi venne il raccoglimento colla visione di Gesù Crocifisso e della B. Vergine Addolorata, ai piedi della croce, in quella conformità che Ella stava sul monte Carmelo. Il Signore mi ha detto, che veniva per trasformarmi tutta in Lui e per segnarmi coi sigilli delle sue piaghe. In un istante io vidi uscire dalle sue SS.me piaghe cinque raggi risplendenti; e tutti vennero alla volta mia. Ed io vedevo i detti raggi divenire come piccole fiamme. In quattro vi erano i chiodi; ed in una vi era la lancia, come d’oro, tutta infuocata: e mi passò il cuore da banda a banda; e i chiodi mi passarono le mani e i piedi. Io sentii gran dolore; ma nel medesimo dolore, vedevami, sentivami tutta trasformata in Dio” (pp. 116-117).
Con la stigmatizzazione l’amore divino in lei divenne incontenibile, mentre questi sigilli rimasero impressi dentro il suo corpo per trent’anni, durante i quali più volte le ferite si riaprirono e il dolore si fece acuto e virulento. Ma l’amore ebbe più forza del dolore e la trasformò ogni volta in una sempre crescente adesione al suo Sposo, di cui portava in sé le impronte della croce. I due elementi, l’amore e il dolore, si fusero insieme con una tale intensità di trasporto che ella medesima non si rendeva conto se l’uno fosse superiore all’altro, anzi ne sentiva una totale trasposizione da esserne coinvolta in maniera che il patimento era sentito e vissuto quale autentica testimonianza della sua dilezione verginale a Colui verso cui provava una irresistibile gioia di comunione e di effusione nello Spirito. Dal Diario si apprende che le penitenze esteriori diminuirono molto dopo le impronte delle stigmate. Il suo patire divenne più interiore, meno esuberante e sensitivo. Ora le bastava accogliere pienamente le sofferenze donatele dallo Sposo per essere tutta sua, mentre le sue iniziative penitenziali venivano scemando. Ciò era dovuto propriamente alla sua intenzione di lasciar passare in sé le trafitture di lui più che imprimere e imporre le sue. Lasciando gradualmente la dimensione attiva di essere lei la dirigente delle proprie mortificazioni, preferiva essere avvolta dalle impronte delle piaghe del Crocifisso e tuffarsi docilmente alle sue movenze d’amore pur sempre intriso di dolore. Nella piena maturità della sua esperienza mistica, parlando delle sue penitenze ebbe a considerarle “pazzie che mi faceva fare l’amore”.

5. L’audace combattimento spirituale. Non di secondaria importanza, secondo la descrizione fatta nel Diario, è l’aspetto della lotta che la Santa ha dovuto affrontare lungo il percorso della sua ascesa alla santità. Tale lotta viene svolta su due fronti: l’uno riguarda il dissidio, più volte manifestato, tra le esigenze della sua anima, intenta alle cose di Dio, e il suo corpo o la sua umanità, spinta invece verso i desideri di piacere e la ricerca di sollievo e di riposo. Veronica li dipinge molto plasticamente, come fossero due soggetti tra loro contrastanti, con queste vibranti parole: “ Provai più sorte di combattimenti. Secondo l’umanità ogni cosa mi si rendeva difficile e tutto sentivo al vivo, ma non capivo allora se ciò era umanità o altro. Cercavo di fare tutto l’opposto a quel che mi sentivo stimolata di fare. Per lo più passai tutto con battaglie e contrasti fra ‘l’umanità e lo spirito’, cioè fra le esigenze dell’io e le attese di Dio” (p. 29).
Più audacemente fa vedere come questi conflitti in lei tra le due sfere, spirituale e carnale, si facevano sentire con forza, ma alla fine la vittoria è dello spirito sulla carne: “Laus Deo. Questa notte, ho provato le cose solite; in specie, ho avuto combattimento fra l’umanità e lo spirito. Per far obbedienza, ora le descriverò tutto, distintamente. L’umanità si doleva di non avere un’ora ferma, da poter riposare e chiedeva il riposo, con lacrime. Lo spirito la sgridava, ché ella non pensasse ad altro che a se stessa. Ormai gli pareva ora che ella fosse, una volta, accordata con esso lui; ma, sempre la trova più pensierosa a ((di) sé. Sentivo che essa si doleva del letto duro. Per farla racchettare, v’ho messo degli spini; ma tanto non le bastava. Dopo un po’ di riposo in essi, l’ho fatta levare. Per vedere se la potevo ancora contentare, con tutto che era gran freddo, l’ho menata all’orto; acciò ella si spassasse, quanto voleva. Ma pensate! Tutto le pareva patire; non le potevo far fare un passo. Le faceva mirare il cielo così bello e stellato e le diceva: Non vedi; o pazza, che tutte quelle stelle ti invitano a patire! Su dunque: corri, fra pene e patimenti e dì, di cuore: Signore, più croci, più pene. Ed ella non voleva sentire niente; anzi diceva: io non posso più; non posso più e piangeva. Frattanto lo spirito, fra pene e croci, si accendeva, via più del patire” (p. 73).
L’altro nemico da affrontare e vincere è propriamente il diavolo, che lo definisce “il tifoso d’inferno”, che con i suoi attacchi feroci mette a dura prova la Santa. Dapprima agisce con la menzogna, e poi, viste inutili le sue mire, sfoga il suo livore con violenze brutali, fino a insultarla aspramente e percuoterla fisicamente. Più forti sono soprattutto gli assalti sulla fede e sulla sua vocazione monastica, assieme agli scrupoli sulle confessioni fatte, ai dubbi sulla preghiera e sulla sua ascesi se fosse gradita al Signore. Spesse volte si trovava nell’oscurità interiore che le impediva di sentire alcunché di buono e positivo in quello che faceva. Lo conferma ella stessa: “In questa notte, l’ho passata con più travagli e sono stata, di continuo, in tenebre e sempre con tentazioni: in particolare, sopra il terzo voto e contro la fede. Vi sono stati i fantasmi, ma non visibili. Solo hanno fatto gran rumore, ché mi pareva volessero gettare a terra la nostra cella. A tutto mi sono fatta animo, ed andavo dicendo: Mio Signore, siate benedetto! Eccomi a tutto pronta. Si faccia la vostra volontà! Questa bramo, questa vi chiedo” (p. 143). Il diavolo la tenta soprattutto in riferimento alla sua passione per Cristo e alla sua unione con lui, insinuandole l’idea che tutto è pazzia e inganno infernale, anzi tutto è opera sua, del diavolo, che vuol sottometterla a sé e le dice insistentemente, mentre la sospinge con urti brutali: “Non occorre che tu cerchi altro; non vi è rimedio per te; sei nostra!” (p. 147).
Con la grazia di Dio e l’aiuto della Vergine Maria, Veronica supera tutte le prove e resta saldamente avvinta allo Sposo il Crocifisso. Questa unione sponsale con Cristo le causa una gioia incommensurabile, che non solo la ripaga di tutte le pene, ma le offre una tale consolazione di fronte alla quale ogni altra contentezza terrena appare futile e misera: “In questo mentre mi misi a considerare le pretiosità del patire; andavo, colla mia mente, per il mondo tutto, per vedere se trovavo gioie simili a questa. Ma indarno mi affatigavo; perché non vi è corona, né di papa, né di imperatore, né di re, né di monarca nissuno, a gioie così pregiate, che si possa paragonare alla gioia pretiosa del puro patire” (p. 143). Veronica sa mettere in atto le armi poderose spirituali sia per sapersi difendere (la diffidenza di se stessa, la confidenza in Dio, l’esercizio della volontà, lo scudo della fede) sia per passare all’attacco (la spada dello Spirito, che è la Parola di Dio, l’orazione incessante e vigilante, il digiuno e le mortificazioni).
Equipaggiata con così numerose e valide armi ed aiuti soprannaturali, Veronica può contare sulla sua vittoria, in conformità ai suggerimenti dell’apostolo Paolo (1Cor 9, 26-27), avendo saputo lottare con grande forza e determinazione, esercitandosi in un vero pugilato per sconfiggere i propri nemici spirituali.

Sono solo alcuni cenni, alcuni sprazzi, semplicemente con lo scopo di far nascere lo slancio e l’entusiasmo di camminare sulla via dell’amore sempre più intenso e vivo per Gesù Signore e Salvatore secondo una crescente configurazione a lui. Non si tratta di imitare l’inimitabile esperienza di Veronica, unica in sé e irrepetibile, ma più concretamente di assaporare lo splendore e la freschezza del suo spirito per essere coinvolti e travolti da quello stesso amore stupendamente dolce e vigoroso, docile e ardito. Tutto qui il segreto della sua santità.

prof. Renzo Lavatori

 

 

 

 

22 / 50