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LA COMUNIONE DI GESU’ CON DIO SUO PADRE


All’origine di tutta l’opera di Cristo viene posta la sua derivazione dal Padre, il fatto che tutto ha avuto inizio dal Padre: “Il Padre mi ha mandato” (Gv 5,36.37; 6,44.57; 8,16.18; 10,36; 11,42; 12,49; 14,24.26; 17,3.8.18.21.23.25; 20,21). È questa la realtà fondamentale che pone Cristo in una situazione unica di provenienza, di essere sempre e solamente l’inviato dal Padre. Tutto ciò che egli manifesta e compie acquista il senso ultimo nel rapporto che lo unisce alla radice e al principio assoluto del suo essere nel mondo. Gesù viene essenzialmente determinato nell’atto di procedere dal Padre.
Come è venuto dal Padre, Gesù deve tornare al Padre, attraverso l’ora dell’umiliazione e della glorificazione. Il Padre diventa così il termine della sua vita e della sua opera, in quanto Gesù deve “passare da questo mondo al Padre” (Gv 13,1; 14,12.28; 16,10.27.28; 17,11.13; 20,17). Compiendo questo ritorno, il Padre viene glorificato nel Figlio (Gv 14,13) e per mezzo del Figlio (Gv 17,1) e il Figlio ottiene la gloria che aveva presso il Padre prima della fondazione del mondo (Gv 17,5).
Nel Padre trova senso compiuto tutta l’esistenza di Cristo, soprattutto la sua passione e la sua esaltazione. Non si può capire alcun gesto o alcuna azione di Gesù al di fuori di questo orientamento profondo e costante, che sostiene e giustifica la sua missione. Per la sua stessa costituzione, egli vive, muore e risorge nella proiezione o tensione verso il Padre, in cui solo trova la realizzazione del suo essere, la verità suprema del suo agire e del suo parlare.

1. Il costante riferimento al Padre
Entro i due estremi, l’origine e il termine, che descrivono il significato globale dell’opera di Cristo proveniente dal Padre e ricondotta al Padre, la vita di Gesù, nei suoi molteplici e vari aspetti, è concretamente definita dal suo rapporto con il Padre; essa è come intessuta, momento per momento, da questo filo che congiunge ininterrottamente il Figlio al Padre. In particolare si manifesta l’amore del Padre per il Figlio, al quale dona tutto: “Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa” (Gv 3,35; 5,20). Questo amore accompagna tutta l’esistenza terrena di Gesù, ma soprattutto esso è testimoniato nell’ora della morte: “Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo” (Gv 10,17). L’offerta della vita è il segno estremo della disponibilità del Figlio e della sua docilità al volere del Padre, con un amore che non conosce limiti (Gv 15,9s): è questa la forza che garantisce l’unione totale del Figlio con il Padre.
In ragione di questa unità, il Padre collabora nell’attività terrena di Gesù, in modo che Gesù opera sempre insieme con il Padre (Gv 5,17) e senza di lui non può fare nulla (Gv 5,19), ma dice e fa soltanto quello che ha veduto e udito e conosciuto dal Padre (Gv 5,19), secondo quanto gli ha insegnato il Padre (Gv 8,28.38.40; 12,50; 15,15). Infatti il Padre mostra tutto al Figlio (Gv 5,20) e gli affida le opere più grandi, come il potere di dare la vita e di giudicare, perché il Padre “ha rimesso ogni giudizio al Figlio” (Gv 5,22). Gesù cerca sempre la volontà di colui che lo ha mandato, si sottomette interamente ai desideri del Padre, facendo sempre le cose che a lui sono gradite (Gv 8,29). Per questo egli afferma: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato a compiere la sua opera” (Gv 4,34); e non ha altro interesse che onorare il Padre (Gv 8,50) e cercare la sua gloria (Gv 7,18).
D’altra parte il Padre non lo lascia solo di fronte alle ostilità degli uomini, ma è con lui (Gv 8,29), lo onora e lo glorifica (Gv 8,54; 13,31s; 17,1-5). Il Padre stesso gli rende testimonianza e la sua testimonianza è veritiera (Gv 5,32.36.37; 8,18; 10,25), perché conferma in senso assoluto l’origine del mandato, la potenza delle opere e la verità della parola di Gesù.

2. L’unità tra Gesù e il Padre
Dopo aver sottolineato il reciproco rapporto che unisce il Figlio e il Padre attraverso le azioni che essi compiono insieme, l’evangelista Giovanni passa ad affermazioni molto chiare e profonde sulla loro totale unità. Essi hanno fra di loro una conoscenza che li pone sullo stesso ordine di pensiero e di amore (Gv 10,15), in modo che l’uno sia in comunione con l’altro, tanto da costituire una cosa sola (Gv 10,30; 17,22), vale a dire un essere solo, l’essere di uno nell’altro: “Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me, ma il Padre che è in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse… In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi” (Gv 14,10-11.20; cf. 10,38; 17,21.23). Le espressioni citate indicano molto incisivamente la consistenza e la profondità dell’unità del Figlio con il Padre. La particolarità della missione di Gesù e il suo valore salvifico trovano il fondamento ultimo e il vero significato nella sua relazione unica e personale con il Padre, che lo costituisce e lo manifesta Figlio di Dio.
Considerando l’intesa di conoscenza e di amore che lega il Figlio al Padre e viceversa, si può comprendere il supremo valore del dono che il Padre ha fatto agli uomini, inviando il proprio Figlio affinché essi abbiano la vita: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Per Giovanni, Dio è essenzialmente colui che dona, che comunica la sua volontà salvifica; e il dono più grande e superiore a tutti gli altri, che ha fatto all’umanità, è il Figlio suo, l’Unigenito (Gv 1,14.18; 3,16.18), perché l’umanità, schiava delle tenebre, trovasse in lui la liberazione da ogni schiavitù e diventasse partecipe della stessa figliolanza divina: “A quanti lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). È questo il dono immenso di Dio Padre!
Nel Vangelo di Giovanni tante volte viene ribadito l’amore del Padre verso il Figlio: “Il Padre ama il Figlio e rimette tutto nelle sue mani” (Gv 3,35; 5,20; 10,17; 15,9; 17,24), come ugualmente l’amore del Figlio per il Padre: “Bisogna che il mondo conosca che io amo il Padre e faccio come il Padre mi ha comandato” (Gv 14,31). Il seno del Padre è il luogo e il segno dell’amore paterno e il Figlio Gesù si rivolge verso quel seno, esprimendo tutto il suo abbandono filiale, la dolcezza e la tenerezza che prova quando si riversa e si consegna nel cuore paterno.
In tal senso si può capire l’atteggiamento di Gesù, il Figlio attento all’amore del Padre e docile a fare sempre quanto questo amore gli richiede. Ciò costituisce la caratteristica costante della vita terrena del Cristo. In questo modo concreto ed esistenziale Gesù si fa il rivelatore del Padre, del suo amore infinito, quell’amore che nessuno ha manifestato così pienamente e umanamente come il Figlio unico che è nel seno del Padre e di cui abbiamo visto la gloria sulla croce.
Rivelando il Padre, Gesù contemporaneamente svela il proprio mistero. Manifestandosi ai discepoli come colui che è sempre rivolto verso il seno del Padre, egli di fatto fa conoscere a essi la sua realtà profonda, il suo essere totalmente originato dal Padre e orientato al Padre.
 


DON RENZO LAVATORI

 

 

 

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