Approfondimenti
19 / 62 |
CHIESA RETTORIA
San PAOLO
ALLE TRE FONTANE
LA COMUNIONE INTERPERSONALE
NELLA TRINITA' E NEI CRISTIANI
Per capire il mistero della Santissima Trinità partiamo da un dato di fatto: il cristiano è l’icona della santissima Trinità, perchè proprio nel Battesimo, in cui veniamo battezzati nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, noi siamo configurati al Mistero Divino che è un Mistero di amore Trinitario.
Per capire questa definizione dobbiamo innanzitutto soffermarci a capire il concetto di Icona, immagine, poi vediamo il rapporto con la Santissima Trinità.
Quando parliamo di Icona noi intendiamo troppo superficialmente solo un’immagine, una similitudine a qualcuno che viene ritratto, per scoprire però i lineamenti solo esteriori della sua figura, come le Icone di Cristo e di Maria, la Madre di Dio. Ma non sono queste le raffigurazioni dell’ìcona.
L’icona, secondo la tradizione della Chiesa, non rappresenta solo “una fotografia” della persona iconografata, ma ha anche l’intento di produrre gli effetti benefici, che quella raffigurazione produce. L’icona perciò è anche fonte di vita, di gioia, perchè non è soltanto una rappresentazione esteriore, tecnica, raffigurativa, ma è anche un’espressione di un contenuto interiore che la icona possiede in se stessa.
Infine, un altro aspetto dell’icona, come conseguenza di queste prime caratteristiche, porta la partecipazione e la condivisione a colui o a colei che è raffigurata nell’icona. Una condivisione di una bellissima realtà, si stabilisce una unione tra chi contempla l’icona, e l’icona stessa, soprattutto per ciò che l’icona rappresenta e non per l’icona in se stessa, che è un pezzo di legno. Allora se noi cristiani siamo icona della Santissima Trinità, ciò comporta che portiamo in noi la raffigurazione della Trinità, i lineamenti di questo mistero altissimo, che è l’unione tra Padre, Figlio e Spirito Santo. In forza del Battesimo, questi lineamenti sono stati impressi in noi, perchè siamo stati battezzati nel nome del Padre e del Figlio con il sigillo dello Spirito Santo.
E allora come effetto di questa configurazione alla Trinità, noi che siamo icona vivente del mistero, come effetto noi diventiamo opera della Trinità. Cioè questa raffigurazione non viene fatta da mano d’uomo, ma viene fatta dallo Spirito Santo stesso. E allora portiamo questa raffigurazione in quanto ciascuno di noi è creato dal Padre, redento dal Figlio incarnato, santificato costantemente dallo Spirito Santo.
Vedete come questi tre aspetti, sono tre raffigurazioni in forza delle quali noi, non soltanto rappresentiamo la Trinità, ma siamo opera di queste tre divine Persone. Ognuna ha dato una sua impronta alla nostra icona trinitaria:
· il Padre nel Suo essere Padre, come principio assoluto dell’essere,
· il Figlio attraverso la Sua opera di redenzione, come redentore,
salvatore, guaritore, liberatore della nostra schiavitù del peccato e della morte,
· lo Spirito Santo come continuo santificatore.
Quindi ogni Persona della Trinità, ha dato una “pennellata”, un qualcosa, che noi possiamo dentro di noi rivedere e contemplare, come espressione della Trinità.
Infine però non è solo questo il nostro essere icona, e mai come terzo aspetto, noi in forza dall’opera compiuta in noi dal Padre e dal Figlio incarnato, noi diventiamo partecipi del medesimo Mistero Trinitario, condividendone la sua realtà profonda, perchè veniamo configurati al Figlio e diventiamo perciò figli del Padre, per opera dello Spirito Santo.
In noi perciò si stabilisce una nuova vita che è la vita della grazia ottenuta con il Battesimo con la quale veramente possiamo dire che la Trinità vive in noi come noi viviamo nella Trinità.
Detto questo perciò possiamo renderci conto di quale profondo significato abbia questa espressione: il Cristiano icona della Santissima Trinità, in forza del battesimo ricevuto. Certamente questa icona poi si perfeziona, si purifica, si abbellisce a mano a mano che si sviluppa in noi il cammino spirituale attraverso l’opera santificatrice del Santo Spirito.
Se il cristiano fosse consapevole di questo, e non solo, ma fosse docile alle movenze delle tre Divine Persone che coabitano in noi, in effetti verrebbe costantemente trasfigurato fino a poter dire come Paolo “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” Gal.3,20 perciò diventiamo eredi del Regno del Padre, coeredi con il Figlio, nella potenza santificatrice dello Spirito Santo.
Fatta questa premessa che siamo icona della Santissima Trinità, conseguono due aspetti:
il primo riguarda il rapporto tra l’icona e la Trinità, ossia tra noi e Dio,
l’altro aspetto riguarda il rapporto tra le icone, perchè tutti siamo configurati alla Trinità perchè tutti siamo stati battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Adesso analizziamo insieme questi aspetti che sono sorprendentemente stupendi in quanto ci fanno vedere che in forza dell’essere icona della Trinità Santissima, noi ci rapportiamo in modo particolarissimo e meraviglioso, l’uno con l’altro in una maniera sublime.
1. Consideriamo il primo aspetto: La familiarità con Dio Padre, Figlio, Spirito Santo.
Vediamo ora il rapporto che si stabilisce tra l’icona, che è il cristiano, e il divino artefice, la Santissima Trinità. Tale collegamento, io lo chiamerai la familiarità con Dio. Questo significa che noi ci poniamo in un colloquio costante di amore con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito Santo e riproduciamo in noi, affinché lo possiamo vivere, quel colloquio di amore che si attua eternamente tra Padre e Figlio nell’abbraccio dello Spirito Santo.
Essendo stati così configurati, questo mistero noi lo portiamo dentro di noi e allora ecco che con la familiarità con Dio, Uno e Trino, noi abbiamo il movimento che porta il Padre verso il Figlio e dall’altra parte il movimento che porta il Figlio verso il Padre nella potenza, che opera in noi, dello Spirito Santo. Infatti possiamo dire che il Padre è Colui che genera il Figlio, ed è totalmente immerso, orientato verso il Figlio, totalmente relazionato con il Figlio, senza mai però perdere la sua dignità personale di Padre, e in questa estasi completa verso il Figlio, è il principio eterno della vita della Trinità. Da sempre e per sempre il Padre è Colui che dona la vita al Figlio ed ha questo trasporto d’amore immenso verso il Figlio, che è la Sua immagine perfetta.
Allora questo movimento del Padre verso il Figlio, il cristiano lo percepisce e lo fa vibrare dentro di sé in una espansione e compiacenza, riversata totalmente in Cristo.
A questo punto il cristiano condivide quell’attrazione verso Gesù, è spinto a conoscerlo sempre più profondamente e intensamente, a guardare il Cristo con la piena disponibilità del suo cuore, sorretto e guidato precisamente dallo Spirito Santo del Padre.
Per questo il Cristiano pone al centro dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti, delle sue scelte, la figura di Gesù, l’Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità. Fa di Cristo la luce delle sue opere la sapienza del suo intelletto meditando continuamente quella parola di vita che sgorga dal verbo incarnato e che risuona dentro di noi nella potenza dello Spirito Santo.
Perciò la persona di Cristo, il suo mistero intriso di amore, il Cristo che è nato, vissuto, predicando risanando ed è morto per noi sulla croce ed è risorto ed è assiso alla destra del Padre. Questo mistero cristologico, è il Centro dell’attrazione del Cristiano, perchè è mosso da quello Spirito che dal Padre va verso il Figlio, e nel Figlio scopre i lineamenti dolcissimi del Cristo e del Padre. L’espressione massima dell’amore, della divina giustizia e misericordia, fino a formare con Cristo un solo spirito di verità e di amore.
Però dall’altra parte lo Spirito santo comunica al cristiano l’amore filiale del Figlio eterno di Dio verso il Padre, in modo che il cristiano è coinvolto in quell’abbandono in quella disponibilità amorosa che il Figlio possiede nei confronti del Padre, la vive in sé, perchè è mosso da quello Spirito che muove il Figlio ad affidarsi al il Padre, per fare la volontà del Padre, come dice Gesù[1].
Questo rapporto filiale di Gesù verso il Padre, lo Spirito Santo lo imprime dentro di noi e allora l’animo stabilisce un rapporto di fiduciosa familiarità verso Dio, come quello di un bimbo con il proprio genitore che lo ha rivelato, che lo ama, lo ha perdonato, lo ha guarito, lo sostiene e conforta. Da qui nasce quella condotta libera profonda ardita del figlio, che procede sempre in conformità al volere del Padre. Ciò determina nel cristiano una donazione totale, una sottomissione gioiosa filiale e non da schiavo che giunge all’accettazione anche delle prove più dure, fino al sacrificio di sé, che dovrà affrontare con la propria morte.
E da qui sgorga dal suo cuore quel grido, che Gesù stesso ha fatto nel momento della prova suprema: Abbà , Padre mio, in te confido, di te ha sete l’anima mia. .
Lo Spirito compie in noi quest’opera di relazionarci al Figlio, quale centro del cuore dell’uomo, come al centro del Cuore del Padre, e al Padre quale disponibilità di amore e di obbedienza, però gioiosa, forte, libera, non per costrizione.
Questo è il fine supremo della vita cristiana che lo Spirito Santo si sforza di compiere in ciascuno di noi. Lo scopo è proprio questo, affinché la creatura umana, irrorata dallo Spirito, configurata al Figlio, salga verso il Padre, che è il fine di tutto. In questo senso il cristiano porta a compimento la sua vocazione di essere il figlio di Dio, nel Figlio Gesù Cristo, con la potenza dello Spirito Santo.
Veniamo perciò dal Padre, per mezzo del Figlio, nella la potenza dello Spirito, questo è l’aspetto discendente della Trinità verso la creatura umana, e dall’altra parte, con l’aspetto ascendente, la creatura umana si innalza, raffigurandosi al Figlio, nella Potenza dello Spirito per essere ricondotta al Padre. Questo è il ciclo dell’amore che dal cielo scende sulla terra e dalla terra sale verso il cielo. E’ il mistero del nostro Battesimo cristiano, è il mistero del nostro essere icona della santissima Trinità.
Qui chiaramente entriamo in una dimensione che spesse volte ci sfugge, perchè questa familiarità con Dio la viviamo con difficoltà, forse non la conosciamo, non ce ne rendiamo conto, anche perchè richiede una docilissima sensibilità, dato che è più facile essere schiavi che figli. Questo perchè lo schiavo compie ciò che il Padrone dice e basta, ma il cuore può essere assente. Si può compiere tutto in maniera perfetta, adeguata corretta, ma senza la disponibilità dell’amore, per cui è un’opera che non serve a niente, è tutta esteriorità ed oltre al fatto di non essere gradita al Padre, è nocivo per noi perchè facciamo tutto con forza come soggiogati, da tutto ciò che cerchiamo di fare giorno dopo giorno, a volte anche in modo drammatico, perdendo il senso della fiducia e della libertà della speranza, perchè siamo servi, soggiogati, asserviti al padrone divino, piuttosto che figli innamorati del Padre.
In questo senso tocchiamo il senso profondo del mistero cristiano, che nasce con il battesimo e viene sviluppato attraverso gli altri sacramenti.
Se ci potessimo rendere conto, di ciò che avviene, almeno parzialmente, in noi misere creature per opera dello Spirito Santo, questa configurazione al Figlio, nella disponibilità al Padre in questo duplice movimento: da una parte questa attrazione verso Gesù, Icona perfetta del Padre, e dall’altra parte, configurata questa icona filiale, il nostro trasposto verso il Padre, come ha fatto Gesù.
Questi due atteggiamenti non sono in contrapposizione, ma sono meravigliosamente armonizzati in modo che ci danno il senso pieno, vero, fruttuoso, della nostra vita cristiana che è una costruzione del regno di Dio già su questa terra. E’ una anticipazione della eredità eterna a cui parteciperemo e per la quale viviamo.
Ma se queste cose non sono impresse in noi, se le ignoriamo è chiaro che noi viviamo la nostra vita cristiana insensatamente, pesantemente, perchè tutto ci piove addosso, con angoscia con sofferenza, sopportazione, impazienza.
Dobbiamo entrare in questo circolo di amore che si riflette in noi… è una cosa semplice, ma purtroppo facciamo fatica ad inserirci in questo clima di amore.
Per noi sarebbe più facile dire: dimmi cosa devo fare e lo faccio …
No, non ti dico cosa dei fare, ma ti dico di chiederti chi sei: il figlio amatissimo del Padre per cui il Figlio suo è morto per te sulla croce. Come puoi vivere nell’indifferenza dell’animo, come puoi compiere tutto come se fossi solo oppresso e non amato?
Ecco il primo aspetto che ho chiamato la familiarità con Dio
2. Ora vediamo un altro aspetto: La comunione con gli altri nostri simili
L’aspetto verticale che ci porta a condividere la comunione di amore con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, si riversa necessariamente nel rapporto fraterno. I due aspetti non possono dissociarsi però con questa profonda conseguenza. Se noi viviamo il primo aspetto della familiarità con Dio possiamo vivere sinceramente, autenticamente, la comunione interpersonale con gli altri, relazionarci con gli altri. Qui la Trinità ci dà un modello stupendo di cui noi dobbiamo essere l’icona sulla terra.
Questa icona la possiamo scorgere nella storia della salvezza, in cui vediamo che una Persona divina ama talmente l’atra Persona che è portata a fare in modo che l’altra Persona emerga nella sua totale bellezza. C’è come una gara reciproca del Padre verso il Figlio e del Figlio verso lo Spirito Santo e lo Spirito Santo verso il Padre e il Figlio, affinché ogni persona possa vivere. In questo totale essere nell’altro, e in qualche modo senza perdere se stesso ma senza mai ripiegarsi in se stesso. E’ una gara di reciproca emissione l’uno con l’altro senza mai confondersi con l’altro. Il Padre è sempre il Padre che genera la vita, il Figlio è sempre Colui che è generato ed accoglie la vita, e lo Spirito Santo è sempre dono d’amore tra Padre e Figlio.
Questo mistero di una compresenza di un persona nell’altra si definisce con un termine greco: pericoresi e in termine latino circumsessione,[2] cioè là dove c’è il Padre, c’è sempre contemporaneamente il Figlio e lo Spirito Santo. Là dove c’è il Figlio c’è sempre contemporaneamente il Padre, là dove c’è lo Spirito Santo c’è sempre contemporaneamente il Padre e il Figlio. Ognuno porta sempre dentro di sé gli altri due.
Detto questo vediamo il modo di agire della Trinità nell’economia salvifica. Questo essere uno nell’altro costituisce una tendenza che è quella di scomparire per amore nella reciproca comunione tra le divine persone, quindi è un amore che in qualche modo sa rinunciare a se stesso, immergersi nell’altro senza tuttavia perdere se stesso. E’ la regola suprema dell’amore, non ci può essere amore, se non c’è questa duplice tendenza una di scomparire nell’altro e l’altra di accogliere l’altro in se stesso. Questa è la regola suprema dell’amore trinitario che dovrebbe esistere nel cristiano.
Vediamo ora la storia della salvezza come questo ci rivela.
Il Padre, che ha la suprema iniziativa, e si trova all’origine di tutta la storia della salvezza, è la fonte di ogni realtà che noi viviamo, tutto proviene dall’iniziativa del Padre, però quando deve rivelare il Suo amore, non si presenta lui, ma manda Suo figlio, incarnato, fatto uomo, affinché nel Figlio risplenda la Sua luce il Suo amore la Sua sapienza. Lui in qualche modo si nasconde dietro il Figlio. In effetti sappiamo che nel Vangelo viene detto questo,[3] perchè il Padre è presente nel Figlio e il Figlio è immagine del Padre così che chi vede il Figlio vede il Padre, ma il Padre in se stesso è invisibile. Giovanni nel prologo del Vangelo (Gv1,18) dice: Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato con l’incarnazione .
Perciò vedete come il Padre manda il Figlio e lo mette in primo piano, al Centro dell’Universo, ma in effetti è il Padre, perchè dal Padre viene il Figlio e il Figlio torna al Padre, l’origine e la fine dell’economia della salvezza.
Dall’altra parte, quale è la missione del Figlio, cosa dà il Figlio incarnato?
La sua missione è quella di rivelare il Padre, manifestare, far capire al mondo l’amore, la sapienza, l’infinita giustizia del Padre e soprattutto quando sulla croce il Cristo giunge all’annientamento di se stesso, allora si rivela l’amore infinito del Padre che offre il suo unico Figlio per la salvezza dell’umanità. Non c’è un amore più grande del Padre, ma è il Figlio che scompare per fare apparire il Padre, il Suo amore infinito, e il Padre glorifica il Figlio, facendolo risorgere da morte. C’è una gara reciproca tra l’uno e l’altro entrambi desiderano che l’altro abbia il primo posto, è la gara dell’amore.
Lo stesso avviene per lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è Colui che ha compiuto l’opera della redenzione nel senso che il Verbo si è incarnato per opera dello Spirito Santo, ha vissuto sulla terra, ha compiuto miracoli per opera dello Spirito Santo, è morto sulla croce con la forza dello Spirito Santo ed è risorto per la potenza dello Spirito Santo. Ma lo Spirito Santo è rimasto nascosto perchè il Figlio potesse portare a compimento la sua missione per la salvezza degli uomini. E’ lui il sostenitore e l’illuminatore del Verbo incarnato.
Quando poi il Verbo ascende al cielo, manda lo Spirito perchè lo Spirito fosse riconosciuto nella comunità raccolta nel cenacolo.
Questa regola dell’amore resta costante in tutto il modo di comportarsi della Trinità santa nell’economia salvifica e allora vediamo come noi possiamo essere l’icona di questo amore tra di noi:
Dimenticare se stessi
Scomparire l’uno davanti all’altro
E rivelare l’uno all’altro questa condotta delle tre divine persone.
Ora questa stessa condotta di amore si riflette e vive nel cristiano. In che modo?
La relazione che un cristiano ha con gli altri cristiani comprende due direzioni che il mistero trinitario suggerisce.
Una è quella di uscire dalla propria individualità, soggettività ed egocentricità per donarsi a qualcuno. E’ l’aspetto della visione attiva dell’amore. Ma non basta, ci vuole l’altra direzione che è quella di entrare in se stessi per accogliere qualcuno che viene donato, che è dono d’amore, che è la dimensione passiva dell’accettazione.
Le due direzioni devono coesistere nell’amore cristiano e ciò è possibile attraverso il dono dello Spirito effuso nel giorno del Battesimo, confermato nella Cresima e rinnovato costantemente con l’Eucaristia.
Quindi l’amore cristiano nel rapportarsi l’uno con l’altro è coessenzialmente donante e accogliente. E questo è il mistero d’amore profondissimo, ma difficile da viversi.
Sto dicendo delle cose vere, ma che facciamo a volte fatica a comprendere e a realizzare, l’importante è che abbiamo davanti a noi il senso dell’amore.
L’amore esige che nel momento in cui il cristiano si dona all’altro, dimenticando se stesso, deve anche saper accogliere l’altro così come l’altro è, metterlo e portarlo dentro di sé. Se uno è proteso solo a donare nel modo attivo senza disponibilità anche ad accogliere l’altro, nella dimensione passiva, la sua azione in effetti non è una comunicazione con l’altro, ma una semplice autoaffermazione di sé perchè impongo all’altro quello che io faccio, come se ciò che faccio sia la cosa migliore che esista. Quindi la sola azione attiva senza quella dell’accoglienza, diventa una auto-gratificazione.
Però dall’altro canto, se c’è solo la semplice recezione dell’azione che l’altro fa nei miei confronti, senza la disponibilità a dare anche me stesso, allora quell’accogliere senza l’aspetto del dare diventa un’espressione di grande egoismo, perchè chi accoglie senza dare, difatti non sa accogliere e rimane chiuso in se stesso.
Vedete come è importante che i due aspetti siano compresenti nella relazione d’amore?.
Se il cristiano vive questa duplice dimensione dell’amore, quella attiva di donare e quella passiva anche di accogliere, come è la condotta di amore della Trinità, questi due atteggiamenti vanno presi insieme perchè solo così c’è un atto autentico di amore.
Ecco dunque come dobbiamo guardare il rapporto che ci lega l’uno all’altro nel mistero trinitario.
Guardando, adorando, glorificando, la divina dossologia, pregando la santissima Trinità, ogni cristiano riscopre, rivive i lineamenti meravigliosi trinitari del Battesimo. Ecco perchè è importante collegarci, adorando, glorificando con la dossologia:
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo…è importantissimo
I lineamenti trinitari che il cristiano porta con sè, e trova in essi la propria identità, il proprio volto, sono quelli del figlio obbediente fino alla morte e non del servo costretto. Quindi scopre il proprio volto del figlio poi riscopre la forza promotrice di comunione con i fratelli, figli dello stesso padre, partecipi della medesima familiarità anche se non dello stesso modo di vivere perchè non hanno la nostra educazione, la nostra stessa sensibilità, ma tutti devono essere condotti verso questa familiarità con Dio per essere trasformati da servi in figli. Ogni cristiano deve sentire dentro di sè le parole pronunciate al Giordano dal Padre: Tu sei il figlio mio prediletto , lasciati abbracciare, lasciati amare….
D’altra parte il figlio sente la presenza del padre, perchè sa che il padre lo sorregge anche nei momenti più drammatici e dolorosi, perciò il figlio avvolto nell’amore paterno passa nel mondo anche attraverso le situazioni più tormentose con la certezza, con la serenità, con la fiducia che il Padre non lo abbandona mai, di conseguenza questo amore che lui ha accolto dal Padre lo trasmette agli altri, anche senza tante parole, con i suoi gesti, le sue azioni, perchè sa scoprire nell’altro gli stessi lineamenti del figlio che egli porta in sè.
Da qui nasce quell’amore pieno che ci fa vivere meglio il rapporto con gli altri e con noi stessi, perchè se noi ci sentiamo amati da Dio, ci accettiamo e non possiamo avere concetti errati come a volte succede.
Da qui l’importanza di vivere questo rapporto d’amore con gli altri: tra sposo e sposa, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, nella comunità parrocchiali, tra pastori e pecore, magari ci fosse questa sintonia nelle associazioni, nei conventi … questa è l’anima che renderebbe la Chiesa vera comunità cristiana, icona della santissima Trinità.
Per realizzare questo c’è un mezzo che non sbaglia mai e ci fa vivere questo mistero: è la preghiera. Una preghiera vera, concreta, per immergerci in Dio, perchè la preghiera è questo respiro, è questa espressione dell’anima del nostro essere cristiani, a Dio Padre, a Dio Spirito Santo, a Dio Trinità, allora si attua la trasformazione del mio modo di essere non più legato al mio egoismo, alla mia soddisfazione, alla mia inquietudine personale, ma aperto all’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito che si riversa su tutti i miei fratelli.
. don Renzo Lavatori
[1] sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. 40Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno” Gv 6,38-40
[2] termine pericoresi (dal greco περιχώρησις, pericóresis, "penetrazione", derivato di περιχωρέω, pericoréo, "ruotare", "movimento circolare") è specifico della Teologia Trinitaria, ed indica la compenetrazione reciproca e necessaria delle Tre Persone divine nella Trinità, sulla base dell'unità di essenza in Dio. Le tre ipostasi del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo “si muovono l'una nell'altra", ossia si appartengono a vicenda. Il termine nasce in ambito cristologico, dove serve per spiegare la comunicazione degli idiomi (communicatio idiomatum). Con S.Giovanni Damasceno ne inizia l'uso trinitario.
La dottrina della pericoresi ha il suo fondamento biblico in Gv 10,30.38. Gesù afferma: "Io e il Padre siamo una cosa sola. [..] Io sono nel Padre e il Padre è in me" (cfr. anche Gv 14,9-11;17,21) S.Paolo giunge ad affermare qualcosa di simile dello Spirito Santo , che "scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio" (cfr. 1Cor 2,10-11)
“Pericoresi" venne tradotto in latino con circumsessio (così S. Bonaventura) e, a partire dal XIII secolo, anche con circuminsessio (così in S.Tommaso d’Aquino). Il primo termine ha una connotazione più dinamica, il secondo una connotazione più statica.
I due termini latini esprimono la diversità tra impostazione greca e impostazione latina, ovvero fra due diverse correnti presenti nella stessa dottrina trinitaria latina:
- i teologi greci partono dalle ipostasi e intendono la pericoresi come compenetrazione attiva, come il vincolo che unisce la persona;
- i teologi latini, invece, partono in genere dall'unità della sostanza e vedono la pericoresi più come un'interconnessione fondata sull'unica sostanza; la pericoresi non è più il moto, ma la quiete in Dio.
Tommaso cerca una sintesi e fonda la pericoresi sia sull'unità sostanziale, sia sulle relazioni e sui rapporti originari tra le persone
[3] Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. 11Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. Gv14,10-11
19 / 62 |