Don Renzo risponde
Remissione dei peccati
Reverendo professore,
vorrei farle una domanda su un argomento piuttosto controverso in seno alle
diverse dottrine cristiane.
Premetto che quando mi confesso non riesco ad essere un valido e credibile
accusatore di me stesso. Non lo faccio apposta, ma per quanto mi possa sforzare
ho dei grossi vuoti di memoria.
D'altronde, in ogni circostanza ho sempre incontrato le stesse difficolta' e la
stessa confusione anche nel trovare delle valide ragioni a mio vantaggio. Una
volta chiesi al mio confessore se potevo annotare i miei peccati a mo' di lista
della spesa, ma lui rispose categoricamente che NON lo dovevo fare. Quindi nel
confessionale sono piuttosto vago, superficiale, sempre molto a disagio e
attento a quello che potrebbe umanamente essere il giudizio morale del
confessore nei miei confronti. Per cercare di rimediare a questa mancanza di
attitudine, in ogni momento della giornata chiedo con il cuore a Dio perdono dei
miei peccati.
Dunque le chiedo: quanto e' efficace la confessione per la remissione dei
peccati trattandosi di una relazione verbale e quanto incidono i vuoti di
memoria, le reticenze verbali e il "fattore ipocrisia"?
A cosa serve la confessione se Dio, nel giorno del traguardo finale, ci sistema
tutti giudicando nella sua onniscienza regale i confessori, i confessati, chi si
confessa raramente e chi non si confessa mai?
Grazie per le sue risposte luminose.
Giancarlo
DON RENZO RISPONDE
Carissimo,
molto interessante e di attualita' la tua domanda circa la confessione dei
propri peccati. Le questioni aperte sono molteplici sebbene tra loro correlate.
Ora cerco di chiarirle una ad una tenendole pero' tra loro unite da un filo
conduttore comune.
Anzitutto bisogna dire che nella confessione vi sono due aspetti complementari:
uno piu' profondo che riguarda l'atteggiamento interiore del cuore umano,
l'altro esteriore e formale che concerne la confessione verbale degli atti
peccaminosi. Per il primo aspetto, quello interiore, si tratta di rendersi conto
del senso e del valore del peccato nel suo significato generico ma molto
importante. In effetti il peccato costituisce un atteggiamento della creatura
umana nei confronti di Dio suo creatore, Signore e salvatore. Poiche' Dio ha
voluto stabilire con l'uomo un rapporto di comunione di reciproco amore e di
fedelta' come il rapporto tra due persone che si vogliono bene, Egli, che e'
sommo bene e amore infinito, mostra sempre una grande benevolenza e non viene
mai meno ai suoi impegni di generosita' e di provvidenza, mentre la creatura
umana, di indole debole e limitata, cade nella situazione di infedelta' e di
incorrispondenza all'amore divino, chiudendosi nel proprio egoismo e cercando
soddisfazioni egoistiche piuttosto che atti di ubbedienza e di benevolenza sia
verso Dio sia verso il prossimo. Questo atteggiamento di infedelta' costituisce
il peccato umano che interrompe la comunione di amore con Dio. Chiudendosi al
rapporto con Dio, l'uomo purtroppo perde molti vantaggi, poiche' Dio e' bonta',
verita', vita, gioia, felicita' infinita. Percio' nel peccato il soggetto umano
si ritrova privo di queste qualita' positive e rimane prigioniero della
menzogna, dell'egoismo, dell'orgoglio, dell'odio e di altre imperfezioni
deleterie. Occorre che egli prenda coscenza del siginificato forte e drammatico
che il peccato porta con se. Sentendo dentro di se la gravita' di questo stato
lontano da Dio, prova quel sentimento di dispiacere e di rammarico che si chiama
"compunzione" o dispiacere del proprio peccato. Allora si inginocchia e ricorre
al suo Signore e redentore, chiedendo il perdono per queste miserie nella
consapevolezza che Dio e' sempre pronto a riabbracciare la propria creatura
quando la vede pentita. In effetti Dio ha donato il proprio Figlio sulla croce
per effondere il suo amore misericordioso verso i peccatori.
Una volta accertato questo significato del peccato, consegue logicamente e
necessariamente il bisogno di confessare i propri peccati anche verbalmente e
formalmente in modo da accertare i suoi autentici sentimenti davanti a Dio. Qui
si pone il sacramento della confessione, nel quale il sacerdote ministro
rappresenta Gesu' stesso e si fa strumento autorevole sia per accogliere la
confessione dei peccati sia per rivolgere al penitente il perdono stesso di Dio.
Allora si e' liberati dalla schiavitu' del peccato e si ritrova la gioia e la
serenita' di tornare alla comunione con Dio ed essere riabbracciati come figli
suoi.
Come vedi, occorre coltivare soprattutto il primo aspetto, quello interiore
della compunzione, altrimenti il sacramento della confessione resta un atto
meccanico e formale; mentre i singoli atti peccaminosi vanno certamente detti ma
non devono diventare il motivo principale della confessione, per non cadere in
uno stato di scrupolo e di fredda tecnicita'. Se il cristiano invece attua
ambedue gli atteggiamenti, allora la confessione si fa momento vitale e di
rinnovamento interiore e di crescita spirituale.
Per questa ragione se succedono vuoti di memoria o se l'elenco dei peccati non
viene perfetto, resta vivo tuttavia il sentimento profondo dei propri peccati,
che e' l'elemento principale come e' stato detto. Per quanto poi riguarda il
giudizio finale di Dio alla parusia di Cristo alla fine dei tempi, occorre
notare che quel giudizio non sara' altro che la manifestazione luminosa e
completa del rapporto di amore tra Dio e le creature umane. In quel momento non
ci sara' piu' bisogno del sacramento della confessione, ma semplicemente
apparira' la verita' di questo rapporto di amore, perdendosi le distinzioni
terrene dei confessori, dei penitenti e delle varie realta' concrete. Colui che
nella sua vita terrena avra' dimostrato il suo amore pieno a Dio, entrera' nel
suo amore infinito e nella beatitudine celeste; colui invece che sara' rimasto
chiuso nel proprio egoismo e avra' rifiutato quell'amore sara' allontanato dalla
comunione con Dio nella dannazione.
Spero di aver chiarito le tue domande e sono a disposizione per qualsiasi
ulteriore informazione.
Don Renzo