Don Renzo risponde
Un'ultima speranza o sara' la rovina eterna?
Un teologo ha risposto prudentemente ad un quesito su Famiglia Cristiana che c'è in atto una riflessione sulla possibilità che il fuoco purificatore dopo la morte potrebbe rappresentare l'opzione ultima come mezzo di salvezza estrema e con esso il purgatorio. E' possibile che Gesù si sia riservato un ultimo gesto magnanimo ed estremo per l'anima in bilico e sull'orlo del precipizio prima della sua rovina eterna? Grazie e complimenti per la sua disponibilità e bravura.
Ruggiero
DON RENZO RISPONDE
Il purgatorio nella visione cristiana
Il purgatorio, nella tradizione cattolica, è visto come uno stato di
purificazione dopo la morte, per le anime che muoiono in grazia di Dio, ma
gravati di alcune mancanze leggere o carenti della penitenza inerente ai peccati
o alle pene ad essi connesse. Lo ribadisce il Catechismo: “Coloro che muoiono
nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene
siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro
morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per
entrare nella gioia del Cielo” (CCC 1030).
S. Tommaso lo spiega dicendo che alcuni cristiani, pur non avendo rifiutato
l’amore a Dio, possono conservare ostacoli spirituali che impediscono la piena
visione beatifica. Essi hanno bisogno di liberarsi totalmente prima di essere
ammessi alla pienezza della vita eterna. Ne consegue che, se non lo fanno su
questa terra per negligenza o per un decesso improvviso, sono costretti a
compierlo nell’altra vita. Non meritano la pena dell’inferno, ma necessitano
soltanto di una totale maturazione e liberazione per raggiungere la completa
sintonia con la verità e l’amore divini. E ciò non solo costituisce un bene di
miglioramento fino alla perfetta santità per le anime, ma rientra
meravigliosamente nella caratteristica della divina giustizia e della sua
misericordia.
Pertanto la purificazione ultraterrena fa parte del compimento dell’uomo in Gesù
risorto. Essa abbraccia due significati essenziali e complementari: da un verso
la sofferenza per la purificazione dei peccati e dall’altro l’attesa gioiosa
della propria realizzazione. In pratica si tratta del cammino di santificazione
di chi, pur avendo accesso al premio eterno, si scopre ancora segnato da
imperfezioni e delimitazioni, che possono essere ripulite e allontanate
definitivamente per mezzo della carità piena verso Dio il sommo bene. È un amore
intenso e ardente che pulisce e rinnova, come il fuoco depura ogni scoria
dell’oro, per renderlo splendente. Da qui l’accostamento del fuoco all’amore,
quale forza rinnovatrice e purificatrice.
Chi invece nella vita terrena ha fatto una scelta di rifiuto di Dio e del suo
amore, cadendo e restando in peccato mortale, dopo la sua morte non può fare
altre scelte. La vita terrena è donata da Dio proprio con lo scopo di porre una
opzione fondamentale verso di lui, anche sul punto di morte ma non dopo la
morte. Caterina da Genova (1447-1510) ha scritto un trattato sul purgatorio,
frutto delle sue esperienze mistiche, nelle quali, bruciata dall’amore infuocato
di Dio, ha potuto considerare le pene e le gioie delle anime purganti, con
accenti di acuta riflessione e di luminosa veridicità. Tra le varie espressioni
alcune sono più rilevanti.
Una riferisce lo stato proprio del
purgatorio: “Le anime sono nella carità e non possono deviare da essa con una
mancanza volontaria: non sono più in grado di volere né desiderare altro, se non
esclusivamente il volere puro della carità pura. Infatti, essendo immerse nel
fuoco del purgatorio, appartengono al disegno divino – che è carità pura – e in
esso non sono nella condizione di deviare in nessuna parte. Trovano così
impedimento nel commettere peccato attuale e, parimenti, nel compiere atti
meritevoli”.
Per quanto concerne le finalità del purgatorio è bene rilevare quanto è stato
esposto da varie interpretazioni di spiritualità e di teologia, come dalla
Commissione Teologica Internazionale. In pratica sono tre gli scopi principali.
Sono cancellati i peccati veniali, i
quali non impediscono la comunione con Dio, ma ostacolano il pieno amore verso
di lui e la condivisione della sua santità. Per questo devono essere totalmente
rimossi. Ne segue una radicale e definitiva detestazione del peccato, percependo
la sua vera gravità e lordura.
Con la purificazione è tolta anche
l’inclinazione al male o fomite o concupiscenza, che non costituisce il peccato,
ma predispone e conduce ad esso. Le anime sono mondate per mezzo della carità
pura, che diventa dolorosa perché l’uomo deve totalmente distaccarsi dagli
attaccamenti effimeri e vani. La stessa morte può offrirsi quale evento
favorevole per attuare tale processo di liberazione.
Infine è abrogata anche la pena
temporale, in corrispondenza al disordine e all’ingiustizia provocati dal
peccato. Per questa ragione occorre restaurare l’ordine e la probità
conformemente alla sapienza di Dio, in modo che tutti e tutto siano rinnovati e
configurati secondo il divino progetto della salvezza.
Oggi il suffragio per i defunti può apparire a taluni come una realtà superata,
ancorata a una concezione mitica della vita oltre la morte, nella quale si
pensava di ottenere dei favori per un’anima cara con qualche preghiera
d’intercessione. Si assiste pertanto all’abbandono progressivo della preghiera
di suffragio.
È necessario invece non abolire, ma approfondire e chiarire questa tradizione,
che si inserisce in una pratica antichissima della Chiesa.
I vivi di quaggiù formano un solo corpo con coloro che sono nati nella morte
alla piena comunione trinitaria e sono i veri vivi. Gesù, il capo o la testa,
conduce il suo corpo al compimento totale. Come egli ama ogni membro, così un
membro ama e serve l’altro, mentre tutti insieme tendono alla pienezza della
vita celeste. Colui che sperimenta l’impegno della purificazione non viene
abbandonato, ma circondato dalla carità che lo ha congiunto ai suoi fratelli in
terra e che unisce tutti oltre il velo della morte. Per questa ragione, in forza
del peccato che costituisce un ostacolo alla piena comunione con il Signore
glorioso, i fedeli sono uniti in preghiera a tutti i loro simili che non sono
più in questo mondo, in particolare a coloro che hanno bisogno di trovare la
piena maturazione e rettificazione di sé per l’incontro beatificante con la
bontà divina.