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MERAVIGLIOSA E MISTERIOSA, LA VITA
Di primo acchito, i due aggettivi, meravigliosa e misteriosa, suonano
contrapposti e incompatibili. Ci si chiede come una medesima realtà possa essere
contemporaneamente bella e affascinante, cioè meravigliosa, e insieme oscura e
sconosciuta, cioè misteriosa. In effetti, se ben si considera, l’uno e l’altro
termine, reciprocamente rapportati, si attraggono e si avvitano in una armoniosa
complementarietà. La meraviglia nasce proprio là dove si scopre un qualcosa di
nuovo e insospettato, mentre il mistero nasconde delle virtualità enormi che si
dipanano e appaiono all’occhio umano man mano in momenti e sfumature o visuali
molteplici e variegati. Da qui il loro collegamento e il loro richiamo, per cui
il mistero suscita lo stupore là dove esso è colto nel suo progressivo e
inaspettato svelarsi.
Come al sorger del sole e alla fuga delle tenebre, la visione dell’orizzonte
s’illumina di luce stupenda causando ogni volta emozioni e immagini d’interiore
compiacimento e di estatica contemplazione. Similmente accade se per un attimo
ci si pone a riflettere attorno alla vita come essa appare davanti al nostro
sguardo attento e sensibile: uno spettacolo fatto di folgorante luce ma insieme
di dense ombre. È un’esperienza avvincente e oltremodo suggestiva, che porta con
sé una forte impressione che si apre su varie e piacevoli emozioni. Chi potrebbe
esaurire l’analisi o la constatazione delle sue ricchezze e potenzialità? Dal
suo nascere fino al suo morire? Una panoramica d’incomparabile bellezza e
incanto. Nessuno si può discostare o ritenere assente da tali e tante
meraviglie.
Eppure la vita cela complicazioni astruse, angoli oscuri, situazioni pesanti,
accenti imprevedibili e alle volte inafferrabili, che lasciano l’animo
interdetto e sospeso, incredulo e ottenebrato. Si distendono zone profondamente
misteriose e sconosciute, che creano forti timori, paurosi sospetti,
inarrestabili ansie. Come poter comporre queste vaste ombre minacciose con
altrettanti e più numerosi elementi di sconfinata bellezza e di stupefacente
splendore?
La vita è bella, precisamente per queste due traiettorie, di luce e di tenebra,
di meraviglia e di mistero, che l’avvolgono, la colorano e l’armonizzano. Se
fosse tutta d’un colore e di un unico sapore, perderebbe il suo fascino e
cadrebbe in una insopportabile monotonia. Se non ci fosse alcuna novità e non
spuntasse alcuna sorpresa da far sussultare di fremiti di gioia o di turbamenti,
“da far tremare le vene e i polsi”, verrebbe meno la sua tremenda bellezza,
scomparirebbe il sapore della sua consistenza, come un cibo privo del
condimento. La sua misteriosa complessità diventa così l’anima della sua
meravigliosa suntuosità.
Per scoprire più da vicino la duplice paradossale composizione, sono messe in
rilievo dieci tracce, da cui scaturiscono altrettanti sentieri per un cammino
dove poter scrutare e apprezzare la vita, avvincente e conturbante; appunto:
meravigliosa e misteriosa.
* * *
1. La vita va capita nella sua paradossalità, poiché è composta di elementi
apparentemente contrastanti. È disseminata di gioie stupende e di dolori
lancinanti. È intessuta di fugacità impressionante, tanto da far gridare:
“Vanità delle vanità! Tutto è vanità” (Qo 1,1); le esperienze, i fatti volano
via come il vento; gli anni passano velocemente e non si può fermare neanche
l’attimo fuggente o frenare e rallentare la fuga inesorabile del tempo.
Eppure la vita porta con sé un sapore di solidità e di stabilità tanto che
sembra non doversi mai esaurire. Anche quando il corpo viene meno nelle sue
forze e nella sua salubrità, l’anima desidera vivere e prova lo strano
sentimento di possedere un’esistenza imperitura. Storicità contingente ed
eternità intramontabile coesistono nel misterioso dispiegarsi della
quotidianità.
Ci sono certezze ferme e incontrastate accompagnate da insicurezze e
vacillazioni costanti. Quando appare la solidità di una conquista, allora si
apre l’abisso dell’inconsistenza e della vacuità. Si sente il bisogno impellente
della solitudine e dello stare con se stessi assieme a un desiderio persistente
di cercare compagnia e di solidarizzare con i propri simili. Alle volte la forza
si erge in avanti come un pilastro robusto che neanche i venti di tramontana
possono scalfire, mentre altre volte si prova un’estrema debolezza fisica e
morale da renderci come foglia secca caduta dall’albero. L’irruenza del leone si
associa alla fragilità dell’agnello.
Proprio in questo contraddittorio alternarsi di aspetti contrari occorre
riconoscere la ricchezza, la complessità e la bellezza della vita.
* * *
2. La vita va amata nella sua totalità, in quanto tutte le età si presentano
affascinanti e seducenti. Partendo dall’infanzia innocente, per salire man mano
all’adolescenza focosa e scomposta, alla giovinezza ardente e promettente, fino
alla maturità produttrice e articolata, si giunge alla vecchiaia stanca e
decrepita, saggia e carica di esperienze. Tutto si accumula per fare
dell’esistenza un album suggestivo di attimi o età o periodi inconfondibili e
significativi. Tutte le situazioni, piacevoli e non, che compongono le varie
tappe, divengono espressione di vitalità e di ordine, di collisione e di
collaborazione per la crescita e la maturazione di ciascuna persona.
Non se ne può scartare alcune per preferire altre. Sarebbe una vera stortura e
bruttezza. Tanti aspetti che appaiono inutili e negativi, di fatto con l’andar
del tempo e della maturazione si mostrano nella loro piena e viva colorazione.
Sono state come pennellate impresse nell’animo per raffigurare un mirabile
quadro, in cui ciascuno rivede se stesso e si rende conto del travaglio vissuto,
sentendone il gustoso sapore.
Pertanto la vita, nella sua totalità, suscita sempre e ovunque un amore intenso
e instancabile. Mai essa perde di freschezza e di validità.
* * *
3. La vita va creduta nella sua trascendenza. Per vivere occorre anche la fede.
Anzi questa costituisce uno degli aspetti più interessanti e stimolanti. In
effetti la creatura umana si chiede da dove venga la vita, quale la sua origine
ultima e fondante. E se guarda bene attorno si accorge che non può essere
ristretta dentro gli angusti orizzonti terreni. Essa possiede uno slancio e una
sete di assoluto che va al di là del puramente mondano. Travalica i confini
dell’umano e si inerpica verso le altezze celesti. Là trova la quiete del suo
essere, come afferma S. Agostino che noi siamo fatti da Dio e per Dio e il
nostro cuore resta inquieto finché non riposa in lui. Là, nella fonte primaria
della vita, sente la propria sicurezza e la robustezza della sua intelaiatura.
Scopre che la vita in fondo non può essere altro che un dono di amore, di un
amore infinito. Essa viene da Dio, la carità increata e semplicemente gratuita.
Certo i genitori ne sono gli strumenti ma non la causa sufficiente ed esaustiva.
Per questo va accolta, apprezzata, pienamente e gioiosamente vissuta. Da ciò
occorre far scaturire la gratitudine e la benedizione. Un dono che va
riconsegnato e fruttificato. Non può restare inoperoso e soffocato.
In tal modo la vita si fa canto e lode che dalla terra sale al cielo, affinché
dal cielo ridondi sulla terra in una simbiosi di reciproca fecondità e in un
abbraccio di felicità.
* * *
4. La vita va vissuta nella sua concretezza, seguendo il corso degli eventi che
si succedono giorno dopo giorno. In altre parole, la vita richiede profondo
senso pratico per adeguarsi alle vicissitudini come si realizzano. Non può avere
la presunzione di volerle cambiare secondo i propri schemi e le proprie
personali esigenze né la vigliaccheria di allontanarsi e isolarsi dentro
idealistiche oasi di pace che concretamente non ci sono e che sussistono solo
nell’astrattezza del pensiero. Spesso gli uomini hanno avuto l’ardire di
ipotizzare una società o un mondo perfettamente strutturati, ma di fatto si sono
scontrati con la brutalità e l’inconsistenza dei fatti e dei comportamenti
umani. Si cade così in false e illusorie utopie.
D’altra parte è pur vero che nella frammentarietà e nella fugacità della storia
l’uomo può e deve scoprire la forza metafisica e imperitura che vi si cela e
insieme vi si rivela. Lo spirito, nel momento in cui affronta il realismo degli
eventi, non vi rimane imprigionato ma in essi intesse la propria consistenza e
personalità verso la maturazione di se stesso. Fattualità e metafisicità
s’incontrano per costruire la vita, non per combattersi e distruggersi a
vicenda. Se si fa prevalere il pragmatismo cieco, si cade nella fallacia della
sfera mondana lasciando dissipare e disperdere la nobiltà e la raffinatezza del
pensiero. Al contrario, se ci si chiude in un idealismo disincarnato e
soggettivistico, si perdono la vivacità e la ricchezza del reale con il pericolo
di sfuggire non solo agli impegni ma anche ai benèfici risultati delle conquiste
e dell’armonica costruzione della propria identità.
In ambedue i casi il soggetto non travalica i limiti dell’individualismo
materialista o idealista. A quel punto ne va di mezzo la dimensione sociale e
relazionale che fa della vita una tela di rapporti e di legami altamente
amichevoli e vitalizzanti. Occorre, anche in tale concomitanza, saper
armonizzare un aspetto con l’altro per far germogliare l’umana esistenza in
tutto il suo splendore e la sua floridezza.
* * *
5. La vita va difesa nella sua debolezza. Infatti l’esperienza insegna che il
tessuto esistenziale non è composto soltanto di eventi felici e indisturbati, ma
esso si presenta alle volte con una fisionomia pesantemente oppressiva nei suoi
molteplici inconvenienti, nelle gravi difficoltà, nelle dolorose situazioni. La
creatura umana non può rifiutare tali debolezze e complicazioni, come fossero
accidenti estranei e del tutto nocivi, anzi le deve saper affrontare con
coraggio e lungimiranza. Per questa ragione la vita va difesa e salvaguardata là
dove è maggiormente minacciata.
Ciò vale nell’ambito delle malattie fisiche attraverso la scienza medica che
tenta di ricuperare quanto sembra perduto o sconvolto. Vale anche per le
sofferenze psichiche e affettive, in modo che l’animo non sia facilmente
scombinato da lasciarsi sopraffare dalla depressione, quando si ritiene incapace
di lottare e di prevalere contro il male. Oppure, nel caso opposto lo spirito si
ritiene così forte da poter non solo affrontare le difficoltà ma di essere
intaccabile da ogni contrarietà e passare indenne tra gli ostacoli, calando in
una sorte di falsa euforia e ambizione, che tuttavia non lo lascia tranquillo,
anzi lo avvolge di continue tensioni e inquietanti ansietà.
Nell’uno e nell’altro caso la vita perde il giusto slancio e la giusta
assonanza, con la costante minaccia di dissolversi e di essere sconfitta
dall’istinto di morte che sovente si affaccia con prepotenza. Nondimeno la vita
è bella e per questo va custodita e cautelata da simili pericolose distorsioni
per essere rivalutata e salvata nella sua interezza.
* * *
6. La vita va comunicata nella sua fecondità. Si sa che la vita
costituisce il bene sommo per l’uomo. Si sa anche, secondo l’antico detto dei filosofi, che
“bonum diffusivum sui”, che il bene si diffonde per se stesso, per sua interiore
disposizione, come la sorgente zampilla dal proprio seno l’abbondanza e la
freschezza delle acque salutari. Per questo fondamentale motivo la vita non può
racchiudersi o aggomitolarsi viziosamente attorno a se stessa, in una specie di
monade ermeticamente sigillata, isolandosi dentro la sterilità e l’aridità quasi
fossero sue naturali connotazioni, mentre la sua natura si slancia generosamente
a comunicare e trasmettere le proprie energie per il bene di altri esseri
associati con lei.
Il grado basilare della sua fecondità concerne l’ambito genetico, da cui sgorga
e germoglia per mezzo dell’amore nuove e stupende espressioni di esseri vitali.
Proprio questo caposaldo inviolabile, in cui si calano la presenza e l’azione
ineffabili di un germe sacro e trascendente, gli uomini oggi tentano di
manomettere non più illuminati dalla bontà e sacralità della vita da diffondere,
ma soggiogati da vili interessi di ordine economico e tecnico. Guai a noi se
perdiamo di vista il senso originario e inalienabile del bene e della
comunicabilità che esso conserva dentro di sé! Se si scarta e s’infrange tale
intangibile tesoro e lo si sfrutta per un egoistico compiacimento, allora si
spalanca davanti all’uomo il baratro terrificante della distruzione di ogni
barlume di sopravvivenza. Non resta altro da attendere che la gelida tenebrosità
della morte.
Il medesimo principio del “bonum diffusivum sui” si applica a tutti i gradi in
cui la vita si manifesta e opera, come nel campo culturale, sociale, religioso.
Sono molti i richiami a saper comunicare le bellezze e le ricchezze che essa
espande nelle sue molteplici espressività. Una comunicazione però non guidata da
meschini parametri, che hanno lo squallido scopo di pizzicare ed eccitare
disordinatamente gli istinti più bassi e animaleschi. L’uomo va spronato a
vivere fino in fondo la nobiltà della sua sensibilità ed emotività,
contemporaneamente va stimolato a diffondere attorno a sé il patrimonio
spirituale accumulato nel suo animo e destinato ad essere partecipato ad altre
creature umane secondo una rete di solidarietà e di sincera carità: dal grado
concreto della fisicità ai valori più alti dell’intelligibilità e
dell’amabilità, passando attraverso gli stadi intermedi della psiche e della
passione, per esprimersi nell’operosità diligente e nella creatività
lungimirante.
Tutto l’essere umano vibra di dinamismo e di espansività per il nobile fine di
far fiorire ovunque e sotto numerosi aspetti il germe fecondo della vitalità,
che come un fiume scorre e distribuisce la fertilità delle acque, in modo che la
vita non abbia mai a spegnersi.
* * *
7. La vita va sviluppata nella sua complessità e non può rattrappirsi
inibendo le facoltà che l’adornano e la lanciano verso un’attività sempre più
ricca e sapiente. Stupendo appare lo sviluppo cui si sottopone la crescita organica
dell’esistenza nel mondo! Basta pensare agli stadi attraverso i quali ogni
essere si dispiega gradualmente e raggiunge la maturazione fino al declino, la
pianta, l’animale, l’uomo: dal nascere e sbocciare al fiorire e verdeggiare,
infine l’appassire e il tramontare. Quanti momenti di gioia e di trepidazione,
di angoscia e di timore, di attesa e di delusione. Eppure tutti apportano
elementi di positività e di arricchimento.
Lungo il percorso il soggetto umano in particolare si rende conto delle proprie
capacità e dei risultati da ottenere, come anche dei propri limiti e fallimenti,
in un tripudio di accenti e di eventi che s’incrociano, alle volte si urtano, ma
poi si collimano, si ampliano, si scuotano reciprocamente per esplodere infine
in una vasta gamma di suoni e di luci, diversi eppure sincronizzati. Si può
pensare che la vita sia come un ricettacolo di svariate potenzialità che debbono
sbocciare spontaneamente e ardentemente, oppure come un orchestra composta da
vari strumenti per poi esplodere in una sorprendente sinfonia.
Non è facile tenere in mano questi diversificati fili e muoverli in direzioni
giuste e misurate. Qualcuno di essi può perdersi o imbrogliarsi, altri possono
incespicare e strapparsi, altri ancora possono creare stonature e ostacoli,
molti invece si dispiegano abilmente per giungere a comporre in definitiva un
ricamo o una pittura o scultura. Non importa. Ciò che conta è il risultato
soddisfacente e consolante.
Il brutto viene quando l’uomo si arrende e lascia scorrere i fili in modo non
più cosciente e composto, ma casualmente e capricciosamente. Allora succede
l’inverosimile e l’imprevedibile in un scenario di smarrimento e di terrore, di
sconvolgimento e di veemenza, con conseguenze disastrose per il singolo e per la
comunità. Come se i fili impazzissero e diventassero mine vaganti. Al
coordinamento subentra la collisione, alla convivenza fraterna l’individualismo
egoistico, all’assolutezza della verità il relativismo delle opinioni, alla
serietà dei costumi la rilassatezza e la banalità; alla bellezza delle figure e
dei colori supplisce lo sgorbio scomposto e sregolato; alla sapienza del
pensiero e dell’azione sopraggiungono la stupidità e la stoltezza, il vuoto dei
concetti con la scompostezza e la sfacciataggine dei comportamenti.
Strano ma reale capovolgimento. Il motivo si ritrova nel non aver saputo attuare
uno sviluppo e un ampliamento responsabile e saggio delle stupende virtualità
contenute dentro la caparra della vita.
* * *
8. La vita va purificata nelle sue impurità secondo quanto consegue dalle
precedenti considerazioni. In effetti si è visto che la vita, pur bella e
fascinosa, racchiude aspetti contradditori e fortemente negativi. Quale la
causa?
Accanto al bene vi è il male. La rivelazione cristiana insegna che fin dalle
origini si è insinuato il serpente velenoso, che ha sedotto i progenitori e ha
seminato nel mondo il disordine e il peccato. Quando l’uomo si è ribellato a
Dio, ha dato inizio a un reale e profondo squilibrio nell’ordinamento
dell’universo, permettendo che la realtà creata bella dal Creatore fosse
tinteggiata di oscurità e sottoposta al potere delle tenebre e della morte. Da
qui la necessità di un cammino di liberazione e di purificazione per riportare
l’essere umano al primitivo splendore. Si è evoluta una economia della salvezza,
proposta e condotta da Dio per essere compiuta in Cristo, salvatore del mondo,
il Verbo fatto carne, crocifisso e risorto per nostro amore. In forza del suo
sacrificio redentore, Gesù ha ricostruito la rottura del peccato e ha
riconciliato l’uomo con Dio, immettendo nella storia un germe di vita nuova e
pura, portatrice di grazia e di redenzione.
Spetta alla libera disponibilità umana accogliere l’intervento salvifico per
farlo calare nella propria esistenza, in modo che sia purificata, trasformata e
rinnovata. Mirabile opera di ristrutturazione! Grazie ad essa, la vita, pur
disseminata di cattiverie e di egoismi, può essere riscattata e ricondotta alla
sua purezza di verità e di amore.
Alle volte si ha l’impressione che il negativo sia più vasto e devastante del
positivo, con l’intimo timore di essere da lui sovrastati e impossibilitati ad
ogni riemersione verso la bontà e l’armonia. Ma non è così. Cristo ha sconfitto
una volta per tutte le potenze avverse. La cosa indispensabile per la sua
realizzazione proviene dal volere dell’uomo, che sappia accogliere l’aiuto
divino e collaborare con esso per il miglioramento del mondo, nell’attesa della
totale perfezione alla fine dei tempi.
La vita appare così come una lotta continua, in cui non ci si deve arrendere né
perdere la fiducia, piuttosto occorre impegnarsi saldamente e costantemente per
il trionfo del bene sul male. Gesù lo dice: “Vegliate e pregate”, perché il
nemico si aggira per sedurre l’animo umano e trascinarlo ancora nel baratro
della distruzione, ma la nostra fede e la nostra diligenza, sorrette dalla
grazia divina, resistono tenacemente per approdare al porto sicuro della
salvezza eterna.
* * *
9. La vita va santificata nella sua connotazione divina. Come si è detto, la
vita è un dono sconfinato della divina potenza, che gratuitamente ha voluto
riversare sull’uomo. Tale impronta trascendente non può essere dimenticata o
sottaciuta come fosse un’appendice secondaria o un sovrappiù di cui si possa
fare a meno. La qual cosa costituisce una menzogna disastrosa e fonte di tutti i
mali che attraversano la storia e la incatenano nella precarietà e futilità
ingannevoli e calamitose. L’uomo non può dimenticarsi di Dio ed estraniarlo
dalla sua vita.
Fatto a somiglianza e immagine di Dio, egli deve elevare lo sguardo e tutto il
suo essere verso orizzonti al di sopra del puramente terreno e mondano. Allora
scopre visioni nuove e inattese, luci meravigliose che diffondono colori e
impronte benefiche sulla nostra terra e la rendono mirabile dimora della
sapienza e dello Spirito di Dio, liberandola dal pesante giogo dei legami
carnali. Se invece l’uomo intende creare una società e un mondo senza Dio, di
fatto costruisce la propria rovina e si dirige inesorabilmente verso lo sfacelo.
D’altra parte si sa che l’umanità non ha bisogno soltanto di scienziati e di
artisti, di potenti e di ricchi, essa necessita anzitutto di santi e di giusti,
di profeti illuminati e di governanti saggi, di persone che sappiano amare e
perdonare, testimoniare e promulgare la verità e l’onestà.
Si richiedono anime pie e oranti, che valutino gli uomini, le vicende della
storia e le cose terrene alla luce sovrumana di Dio e contemporaneamente
riconoscano in essi l’impronta della divina bontà e ringrazino per essi il
Creatore e Signore. In tal modo la preghiera si eleva dal cuore come un inno di
lode e di gratitudine, mentre essa fa scendere sull’umanità una moltitudine di
grazie e di benefici. Il vincolo tra cielo e terra resta così saldamente
congiunto per formare un rapporto di reciproca cooperazione che nessuna potenza
nemica sarebbe capace di disgiungere.
Da tale forte legame sorge la fiducia serena e coraggiosa che il bene prevale
sul male, l’amore sull’odio, la vita sulla morte. In effetti, se la terra è
avvolta dall’onnipotenza divina, come potrebbe essere travolta
dall’inconsistenza del non-essere e del non-amare? Finché in essa sussiste uno
spirito di autentico cristianesimo e di pietà religiosa, la speranza non si
spegnerà né si affievolirà la fede.
* * *
10. La vita va compiuta nella sua perfezione. Molte volte ci si chiede quale
sarà la fine o il compimento dell’umana esistenza; se vi sarà una vita oltre la
vita terrena e, qualora vi sia, come sarà imbastita una realtà futura ed eterna.
Se la mente umana tenta di affacciarsi sull’aldilà, prova come uno smarrimento e
un senso di vertigine. Eppure l’esperienza fa capire che, nonostante le grandi
afflizioni, soprattutto nonostante la barriera della morte, l’uomo desidera
vivere, porta radicato entro di sé un germe d’immortalità che sembra
indistruttibile. Anche quando supera la veneranda età di ottanta o novanta anni,
egli non si arrende e anela a superare gli ostacoli che gli si frappongono
sempre più consistentemente al perdurare della vita. Ciò dimostra che
l’immortalità fa parte essenziale dell’animo.
Quale il senso di questa indistruttibile sete di eternità?
Esso abbraccia due aspetti: da una parte fa vedere che l’esistenza terrena è
insufficiente ad appagare tutti i desideri di felicità che l’uomo conserva
dentro di sé; d’altra parte fa crollare ogni aspettativa o utopia che volesse
racchiudere su questa terra la valenza infinita e incontenibile dell’umano
intendere e volere. L’uomo non può restringersi dentro i limiti della
contingenza né rassegnarsi all’inquietudine provocata dalla sofferenza e
dall’ingiustizia. Vuole a tutti i costi un mondo più equo e umanamente
commisurato alle sue profonde e inalienabili attese.
La vita futura non è altro che la risposta piena e appagante di tutte le
aspirazioni umane, in primo luogo dell’immortalità e del bene sommo e totale.
Essa rappresenta il vero perfezionamento della persona nella sua individualità e
nella sua socialità. Il suo bisogno di amore e di comunione sincera e imperitura
là si realizza; la sua brama di verità e di giustizia là avrà la completezza; la
sua aspettativa di quiete e di pace là verrà totalmente assolta.
Se ne ricava un dinamismo vivificante tra il presente e il futuro, tra il già
avvenuto e il non ancora attuato, tra l’incompiuto e il compimento. L’esistenza
terrena diventa in tal modo un preludio e un’anticipazione all’eterna stabilità
e perfezione. Occorre tuttavia tener conto di una condizione indispensabile:
l’uomo è libero di rifiutare la pienezza dell’amore e della verità in forza di
una sua decisione incentrata sul proprio egoismo e sulla propria presunzione
orgogliosa. Di fatto resta prigioniero della vacuità e durezza interiore. Oppure
liberamente si apre all’accoglienza del dono dell’essere e della vita, in un
atteggiamento di subordinazione al suo Dio e Signore, rendendosi disponibile a
condividerne la pienezza di beatitudine e di felice comunione.
Alla fine si manifesterà la biforcazione tra coloro che parteciperanno alla
felicità eterna e coloro che saranno immersi nell’infelicità eterna. Si
capiscono il valore e la preziosità della vita presente che va accolta, amata,
vissuta e completata nella giusta direzione. Essa si presenta come la caparra e
l’anticipo di quella futura. Non è lecito sprecarla o rovinarla. Assume in sé il
germe dell’infinito e dell’eterno, su cui non è concesso scherzare o vaneggiare.
Occorre viverla fino in fondo e portarla al suo pieno e meritato compimento: la
beatitudine del paradiso.
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