Benvenuto nel sito di Don Renzo Lavatori                                                                                                        

 

Approfondimenti

15 / 62

 

 

L’amore misericordioso di Gesù per i peccatori

Alla schiera dei peccatori appartengono soprattutto i pubblicani e le prostitute. Questi non hanno posto nella società. Non che siano tutti poveri, anzi i pubblicani sono tra i più ricchi; ma sono odiati e detestati, sono considerati indegni di partecipare alla vita della comunità nelle sue varie manifestazioni; sono messi al bando e ritenuti impuri. Verso di loro Gesù dimostra una predilezione che può anche sorprendere, se non addirittura scandalizzare.
Il fariseo Simone giudica Gesù perché si lascia baciare i piedi da una peccatrice (Lc 7,39); Gesù invece si ferma a parlare con una donna concubina (Gv 4,17); accoglie l’adultera e la difende da quelli che la vogliono lapidare secondo la legge (Gv 8,1-11); anzi si pone contro una società moralistica, affermando che i pubblicani e le prostitute precederanno i farisei e avranno parte nel regno (Mt 21,31b). Egli stesso si contrappone alla figura austera del profeta, passando per mangione e beone (Mt 11,19), amico dei pubblicani e dei peccatori; ha delle amicizie femminili come Marta, Maria (Lc 10,38-42); alcune donne fanno parte del gruppo che lo segue assieme ai dodici; fra di esse Maria di Magdala “dalla quale erano usciti sette demoni” (Lc 8,1-3). Non è certo una novità da poco, se si pensa alla mentalità corrente che riteneva la donna incapace e indegna di essere annoverata tra i discepoli di un rabbino, tanto più una donna così malfamata come la Maddalena.
Quale la ragione di questo inusuale modo di comportarsi di Cristo?
La condotta di Gesù non può essere racchiusa dentro la visuale esteriore e formalistica, propria dell’uomo che giudica gli altri in nome di un suo schema; Gesù è la verità e vede nel profondo del cuore; è amore che perdona e usa misericordia.
Da qui sorge il suo comportamento inconsueto, immagine e manifestazione dell’atteggiamento stesso del Padre. Dio, che Gesù rivela, non agisce secondo la mentalità dell’uomo; è un Dio che ama, innanzitutto, e che ha l’iniziativa gratuita e libera per la salvezza del peccatore, chiunque esso sia; Dio cioè ama l’essere umano non perché sia per se stesso amabile, ma perché egli è amore; amore che si dona, e, donandosi, crea e rinnova. Dio ama, prima di tutto, perché vuole la vita e la salvezza dell’uomo. Gesù riflette e traduce questo amore divino.
Inoltre Gesù deve compiere un’opera di redenzione; è venuto a chiamare i peccatori, i bisognosi di salvezza, non i giusti e i sani (Mt 9,12-13). A questo scopo egli deve superare tutte le frontiere dello schematismo umano, del giudizio apparente e superficiale, deve contrapporre l’infinità del suo amore all’egoismo dominante tra gli uomini. Deve formare una creatura nuova, con un cuore nuovo, il cui valore ultimo è la posizione di povertà e di disponibilità all’incontro con Dio e al dono che Dio gli offre in Cristo, accogliendo il quale soltanto si attua la liberazione dal peccato.


1. La benevolenza per una peccatrice

Fra le tematiche sviluppate da Luca, la misericordia di Gesù è quella che emerge con maggior determinazione, svelando uno degli intenti teologici e pastorali più significativi della sua opera. Egli non manca di sottolineare il vivo rapporto che lega Gesù ai peccatori: è lui che li cerca, li attira, li affascina, tanto da scandalizzare i giusti; questi, di rimbalzo, reagiscono con stizza o, alcune volte, manifestano indifferenza. L’evangelista non esita a definire Gesù l’amico dei peccatori, i quali ovviamente lo ripagano con uguale amicizia e affetto.
Numerose sono le pericope che trattano di questo argomento e che sono riportate solo dal Vangelo di Luca. Esse riproducono l’immagine di Gesù al vivo, in situazioni concrete, quando si muove e agisce tra la gente, quando incontra persone segnate dal peccato, che si accostano a lui e sono da lui salvate.
L’episodio della peccatrice perdonata in casa di Simone (Lc 7,36-50) è uno dei brani più toccanti e nello stesso tempo più sconvolgenti; è dotato di particolare bellezza e intensità; rappresenta una delle pagine meglio riuscite anche dal punto di vista letterario.
Luca apre la narrazione descrivendo l’azione del fariseo di ospitare nella propria casa il Maestro. È un gesto di cortesia e di accoglienza. Gesù accetta l’invito e non si tira indietro, sebbene il mondo farisaico nel suo insieme si dimostri ostile o per lo meno sospettoso nei suoi confronti. Egli è disposto a incontrare chiunque, ad accogliere ed essere accolto da ciascuno.
Dopo il fatto iniziale, in cui il fariseo ospita Gesù e questi si mette a mensa, il racconto inaspettatamente pone in primo piano una donna e si sofferma con insistenza sui suoi gesti di fede e di amore nei confronti del Maestro. Inattesa, non invitata, entra in scena: “Ed ecco una donna, che era una peccatrice nella città”. Luca la presenta come una peccatrice, cioè una meretrice di quel luogo, conosciuta da tutti. Una donna di cui gli altri abusano e anch’ella approfitta di se stessa; è usata e poi gettata via; ad essa è negato ogni rispetto. Si tratta realmente di una peccatrice. Luca non lo nega; infatti dice che ella ha commesso “molti peccati” (v. 47).
Si suppone che la prostituta conosca il luogo dove si trova Gesù: la casa di un fariseo. Non è da sottovalutare questo elemento, poiché il fariseo appartiene a un rango sociale piuttosto elevato, rappresenta la parte più religiosamente impegnata e moralmente ineccepibile del popolo giudaico. Di contro, quella donna fa parte di un gruppo socialmente tra i più emarginati e reietti; dal punto di vista morale, essa è lontanissima dall’ossequio dovuto alla legge, anzi costituisce un aspetto deplorevole e vergognoso, da cui ogni pio israelita si sente in dovere di rifuggire e verso cui prova spontanei sentimenti di disapprovazione e di disprezzo. Due persone profondamente diverse e contrapposte; con esse, si ritrovano due mondi incompatibili tra loro. Ci si chiede sinceramente come quella peccatrice abbia avuto la forza e il coraggio di superare tali barriere, di rompere ogni rispetto umano, di oltrepassare la durezza dei giudizi e della condanna, che pesano sulla sua persona e di cui non poteva non essere consapevole.
Gesù non è solo, sta a mensa, circondato da un insieme di commensali appartenenti al medesimo ceto del fariseo, certamente ostili a lei. Ma ella non si fa prendere dalla paura. Viene, entra, si dirige decisamente e sorprendentemente verso Gesù, davanti agli occhi di tutti.
Tiene in mano un vasetto di olio profumato, che indica con chiarezza l’intenzione di rendere omaggio al profeta, un segno per riconoscerlo come inviato di Dio. Si avvicina per compiere un gesto riverente verso di lui: profumargli il corpo ed esprimergli il suo rispettoso omaggio. L’azione sconcerta non solo i presenti, ma ogni lettore di ogni tempo.
A un certo momento resta coinvolta dalla presenza e dalla figura di Gesù, mentre è sorpresa da un’intensa emozione per la consapevolezza della sua misera vita. Per questo, non potendo trattenere i sentimenti esplosi nel suo animo, scoppia a piangere. La donna era entrata in casa per fare un atto di venerazione, ora si ritrova con gli occhi gonfi di lacrime, a piangere come una bambina, come un’insensata. Che cosa è mai successo? È stato l’impatto con Gesù a scuoterla e a travolgerla in una situazione assolutamente nuova e imprevista. Nessuno è capace di programmare il pianto. Toccata profondamente nel suo intimo, quella donna non è più se stessa; sente qualcosa dentro di sé che la fa commuovere e la sospinge sempre più verso quel profeta di Nazaret.
Non solo si mette a piangere, ma si piega, quasi prostrandosi, e le sue lacrime bagnano i piedi del Maestro. A quella vista, come per rimediare al male fatto e con un ulteriore senso di devozione, asciuga i piedi con i capelli. Un gesto sconveniente quello di slegare i capelli in pubblico. Ella non si cura di sé. Si sa bene quanta accuratezza abbia per la propria capigliatura ogni donna. Questa, che sta lì, ai piedi di Gesù, non si risparmia nelle attenzioni, non elemosina l’amore.
Giunge anche a baciare i piedi dell’amato Maestro; lo fa a lungo, senza interrompersi, come farà notare Gesù, quasi per non voler distaccare il suo viso e le sue labbra da quei piedi.
Infine li avvolge dell’unguento, versandovi l’olio profumato che aveva portato con sé. Il comportamento della donna appare a dir poco sorprendente. Si fa ardito fino alla sconvenienza, ma insieme si mostra umilissimo; è devoto e rispettoso, ma anche affettuoso e dirompente. La sua persona, il suo essere, tutto di lei è coinvolto nell’andare verso Gesù: dai sentimenti più profondi dell’animo ai gesti più toccanti. Non ne resta escluso il corpo, anch’esso semplicemente e sentitamente proteso ad amare.
La conversione, per questa peccatrice, scaturisce dall’incontro personale con Gesù, il quale non si trova in imbarazzo per i gesti della donna. La lascia fare davanti a tutti gli invitati. Il suo comportamento è insolito come quello della donna.
A questo punto l’evangelista rimette in primo piano il fariseo, il quale mormora tra sé, evidenziando la sua reazione interiore rispetto a ciò che sta vedendo. Dentro di sé nasce il sospetto, non tanto sugli atteggiamenti della peccatrice, che potrebbero realmente scandalizzare, ma nei confronti di Gesù come se non fosse un vero profeta, non avesse la luce per capire la situazione imbarazzante in cui si era posto.
Il fariseo è sorretto e guidato da una mentalità circostanziata, secondo la quale vede e giudica, ma che gli impedisce di capire il senso giusto dell’amore della donna e di intuire l’animo di Gesù. Indirettamente, il suo ragionamento permette di svelare l’apprezzamento di Cristo verso i gesti compiuti dalla donna. Con evidente approvazione Gesù elogia il modo di fare di lei. Non solo non la redarguisce né la allontana, ma ne esalta il comportamento e ne rende manifesto l’intimo amore. Un vero capovolgimento di prospettiva e di valori.


2. Il perdono in collegamento con l’amore

Dall’accostamento della donna a Gesù il racconto sposta l’interesse al dialogo tra il Maestro e Simone. È Gesù che prende l’iniziativa, rompe il ghiaccio e si rivolge al fariseo chiamandolo per nome: “Simone”. Questo fatto sottolinea immediatamente l’aspetto personale, che attira l’attenzione e rende il fiato sospeso. Cosa vorrà dire il Maestro di così importante e mirato? Non si tratta di un discorso generico sull’amore o sulla misericordia. Egli si rivolge direttamente alla persona di Simone e, di riflesso, a ciascun lettore che guarda la scena e ascolta la conversazione.
Gesù ha qualcosa di considerevole da dirgli, mentre testifica di conoscere le persone, le menti, i cuori, cioè di essere un vero profeta, contraddicendo anche con i fatti il giudizio farisaico. Quando comincia a parlare smaschera il pensiero di Simone, lo porta allo scoperto, lo conduce a riflettere, a capire ciò che egli non riesce a cogliere.
“Maestro, parla pure”, è la risposta del padrone di casa, il quale usa nei riguardi dell’ospite espressioni cortesi e sembra totalmente disponibile all’ascolto. Lo riconosce maestro, volendo mostrare rispetto verso di lui; si capisce che è un atteggiamento formale, esteriore, poiché si sa che nel suo cuore dubita della capacità profetica di Gesù.
Il Maestro inizia a parlare in parabola, in cui si dice che c’è un creditore, che ha due debitori con una misura di debito differente e che generosamente fa il condono a entrambi. Ne segue l’amore riconoscente dei due debitori. In ultimo Gesù pone la domanda: “Chi di loro lo amerà di più?”. Simone risponde giustamente che colui a cui fu condonato in misura più vasta ama di più, mentre colui al quale è stato detratto un debito minore ama di meno. La risposta coglie nel segno, ma deprezzando l’amore minore, di fatto ha condannato se stesso, il suo poco e superficiale amore, per esaltare la donna, che ha offerto un grande e vero amore. I due debitori della parabola corrispondono palesemente ai due personaggi, con cui si raffronta Cristo. Quello che ha un debito maggiore e ama di più equivale alla peccatrice, quello che ha un debito minore e ama di meno coincide con il fariseo.
Gesù ormai mette le carte allo scoperto e parla chiaramente, fuori metafora, confrontando i due amori rivolti a lui: quello di Simone e quello della prostituta. “Voltatosi verso la donna, disse a Simone: ‘Vedi questa donna?’”. Richiama l’attenzione del fariseo per vedere, cioè per capire quello che la donna sta facendo, per comprenderne il senso vero e il motivo.
Inoltre gli fa notare il suo poco amore a paragone di quello della donna, di gran lunga superiore al suo. La ragione di questo grande dislivello sta nel fatto che il capo di casa, rispettoso, forse ammiratore di Gesù, impiega nei suoi riguardi espressioni cortesi e si presta al dialogo istruttivo, però non lo ama o lo ama poco, perché non è un peccatore o meglio non si sente peccatore, bisognoso di misericordia. In tal modo egli si taglia fuori dall’esperienza perdonante di Dio in Gesù; non assaporando la dolcezza del suo perdono, non è toccato dalla misericordia risanante. Il suo amore, se così si può chiamare, ha tinte scolorite, molto formali, si ferma a quel tanto che basta per non essere sgarbato, ma niente di più; egli è stato graziato di pochi debiti, per questo non prova un forte sentimento di riconoscenza e di affetto.
Per tre volte Gesù gli sottolinea puntualmente: Tu, Simone, non mi hai dato acqua per i piedi, tu non mi hai dato un bacio, tu non mi hai unto il capo... lei invece mi ha fatto più di questo. Veramente le situazioni si capovolgono: lui il fariseo dotto e giusto, disponibile all’ospitalità, rimane prigioniero della sua rigidità di cuore, della sua durezza di animo, incapace di effondersi sinceramente e semplicemente in gesti di amore; lei, la prostituta e la rozza di spirito, ha rivelato una grande sensibilità interiore, si è lasciata muovere il cuore e si è abbandonata premurosamente a elargire segni concreti e coraggiosi di amore. Come è possibile tutto questo? Luca lo fa intendere nel modo di procedere della narrazione, fino alle parole conclusive e illuminatrici di Cristo.
Egli asserisce in modo solenne e autorevole: “Per questo ti dico”. Gesù parla in prima persona come maestro in cattedra; la sua figura risalta sopra tutti i presenti, mentre la sua voce sembra assumere un tono grave e sentenzioso. Non è più questione di metafore o di suggerimenti etici, ora è enunciata una verità, è posto innanzi al fariseo un principio o una regola di vita, a cui nessuno può sottrarsi:
“Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato
a chi si perdona poco, ama poco”
Le parole mettono in stretta correlazione il perdono di Gesù con l’amore a Gesù. Non sussiste amore per Gesù senza l’accoglienza del suo perdono, d’altro verso il perdono dato da Gesù scaturisce dall’amore per lui. Un circolo vitale inscindibile.
Gesù, alla fine, rivolge la parola alla donna: “Sono stati perdonati i tuoi peccati”. In precedenza egli aveva ricevuto con disponibilità la peccatrice; questa aveva sperimentato l’attenzione benevola di Gesù; ora il Maestro le dichiara che in lei non ci sono più i peccati, perché sono stati perdonati, sono rimossi. Ella è ora una persona libera. Ciò costituisce il culmine e la logica conclusione di quanto è stato fatto e detto: quella donna rinasce ed è trasformata; da peccatrice pubblica, come era stata presentata all’inizio, è ora una creatura santificata, ricolma di grazia. È avvenuto un totale cambiamento, dovuto esattamente all’esperienza dell’amore rigeneratore di Dio in Cristo.
 

 

 

 

15 / 62