Approfondimenti
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L’amore misericordioso di Gesù per i peccatori
Alla schiera dei peccatori appartengono soprattutto i pubblicani e le
prostitute. Questi non hanno posto nella società. Non che siano tutti poveri,
anzi i pubblicani sono tra i più ricchi; ma sono odiati e detestati, sono
considerati indegni di partecipare alla vita della comunità nelle sue varie
manifestazioni; sono messi al bando e ritenuti impuri. Verso di loro Gesù
dimostra una predilezione che può anche sorprendere, se non addirittura
scandalizzare.
Il fariseo Simone giudica Gesù perché si lascia baciare i piedi da una
peccatrice (Lc 7,39); Gesù invece si ferma a parlare con una donna concubina (Gv
4,17); accoglie l’adultera e la difende da quelli che la vogliono lapidare
secondo la legge (Gv 8,1-11); anzi si pone contro una società moralistica,
affermando che i pubblicani e le prostitute precederanno i farisei e avranno
parte nel regno (Mt 21,31b). Egli stesso si contrappone alla figura austera del
profeta, passando per mangione e beone (Mt 11,19), amico dei pubblicani e dei
peccatori; ha delle amicizie femminili come Marta, Maria (Lc 10,38-42); alcune
donne fanno parte del gruppo che lo segue assieme ai dodici; fra di esse Maria
di Magdala “dalla quale erano usciti sette demoni” (Lc 8,1-3). Non è certo una
novità da poco, se si pensa alla mentalità corrente che riteneva la donna
incapace e indegna di essere annoverata tra i discepoli di un rabbino, tanto più
una donna così malfamata come la Maddalena.
Quale la ragione di questo inusuale modo di comportarsi di Cristo?
La condotta di Gesù non può essere racchiusa dentro la visuale esteriore e
formalistica, propria dell’uomo che giudica gli altri in nome di un suo schema;
Gesù è la verità e vede nel profondo del cuore; è amore che perdona e usa
misericordia.
Da qui sorge il suo comportamento inconsueto, immagine e manifestazione
dell’atteggiamento stesso del Padre. Dio, che Gesù rivela, non agisce secondo la
mentalità dell’uomo; è un Dio che ama, innanzitutto, e che ha l’iniziativa
gratuita e libera per la salvezza del peccatore, chiunque esso sia; Dio cioè ama
l’essere umano non perché sia per se stesso amabile, ma perché egli è amore;
amore che si dona, e, donandosi, crea e rinnova. Dio ama, prima di tutto, perché
vuole la vita e la salvezza dell’uomo. Gesù riflette e traduce questo amore
divino.
Inoltre Gesù deve compiere un’opera di redenzione; è venuto a chiamare i
peccatori, i bisognosi di salvezza, non i giusti e i sani (Mt 9,12-13). A questo
scopo egli deve superare tutte le frontiere dello schematismo umano, del
giudizio apparente e superficiale, deve contrapporre l’infinità del suo amore
all’egoismo dominante tra gli uomini. Deve formare una creatura nuova, con un
cuore nuovo, il cui valore ultimo è la posizione di povertà e di disponibilità
all’incontro con Dio e al dono che Dio gli offre in Cristo, accogliendo il quale
soltanto si attua la liberazione dal peccato.
1. La benevolenza per una peccatrice
Fra le
tematiche sviluppate da Luca, la misericordia di Gesù è quella che emerge con
maggior determinazione, svelando uno degli intenti teologici e pastorali più
significativi della sua opera. Egli non manca di sottolineare il vivo rapporto
che lega Gesù ai peccatori: è lui che li cerca, li attira, li affascina, tanto
da scandalizzare i giusti; questi, di rimbalzo, reagiscono con stizza o, alcune
volte, manifestano indifferenza. L’evangelista non esita a definire Gesù l’amico
dei peccatori, i quali ovviamente lo ripagano con uguale amicizia e affetto.
Numerose sono le pericope che trattano di questo argomento e che sono riportate
solo dal Vangelo di Luca. Esse riproducono l’immagine di Gesù al vivo, in
situazioni concrete, quando si muove e agisce tra la gente, quando incontra
persone segnate dal peccato, che si accostano a lui e sono da lui salvate.
L’episodio della peccatrice perdonata in casa di Simone (Lc 7,36-50) è uno dei
brani più toccanti e nello stesso tempo più sconvolgenti; è dotato di
particolare bellezza e intensità; rappresenta una delle pagine meglio riuscite
anche dal punto di vista letterario.
Luca apre la narrazione descrivendo l’azione del fariseo di ospitare nella
propria casa il Maestro. È un gesto di cortesia e di accoglienza. Gesù accetta
l’invito e non si tira indietro, sebbene il mondo farisaico nel suo insieme si
dimostri ostile o per lo meno sospettoso nei suoi confronti. Egli è disposto a
incontrare chiunque, ad accogliere ed essere accolto da ciascuno.
Dopo il fatto iniziale, in cui il fariseo ospita Gesù e questi si mette a mensa,
il racconto inaspettatamente pone in primo piano una donna e si sofferma con
insistenza sui suoi gesti di fede e di amore nei confronti del Maestro.
Inattesa, non invitata, entra in scena: “Ed ecco una donna, che era una
peccatrice nella città”. Luca la presenta come una peccatrice, cioè una
meretrice di quel luogo, conosciuta da tutti. Una donna di cui gli altri abusano
e anch’ella approfitta di se stessa; è usata e poi gettata via; ad essa è negato
ogni rispetto. Si tratta realmente di una peccatrice. Luca non lo nega; infatti
dice che ella ha commesso “molti peccati” (v. 47).
Si suppone che la prostituta conosca il luogo dove si trova Gesù: la casa di un
fariseo. Non è da sottovalutare questo elemento, poiché il fariseo appartiene a
un rango sociale piuttosto elevato, rappresenta la parte più religiosamente
impegnata e moralmente ineccepibile del popolo giudaico. Di contro, quella donna
fa parte di un gruppo socialmente tra i più emarginati e reietti; dal punto di
vista morale, essa è lontanissima dall’ossequio dovuto alla legge, anzi
costituisce un aspetto deplorevole e vergognoso, da cui ogni pio israelita si
sente in dovere di rifuggire e verso cui prova spontanei sentimenti di
disapprovazione e di disprezzo. Due persone profondamente diverse e
contrapposte; con esse, si ritrovano due mondi incompatibili tra loro. Ci si
chiede sinceramente come quella peccatrice abbia avuto la forza e il coraggio di
superare tali barriere, di rompere ogni rispetto umano, di oltrepassare la
durezza dei giudizi e della condanna, che pesano sulla sua persona e di cui non
poteva non essere consapevole.
Gesù non è solo, sta a mensa, circondato da un insieme di commensali
appartenenti al medesimo ceto del fariseo, certamente ostili a lei. Ma ella non
si fa prendere dalla paura. Viene, entra, si dirige decisamente e
sorprendentemente verso Gesù, davanti agli occhi di tutti.
Tiene in mano un vasetto di olio profumato, che indica con chiarezza
l’intenzione di rendere omaggio al profeta, un segno per riconoscerlo come
inviato di Dio. Si avvicina per compiere un gesto riverente verso di lui:
profumargli il corpo ed esprimergli il suo rispettoso omaggio. L’azione
sconcerta non solo i presenti, ma ogni lettore di ogni tempo.
A un certo momento resta coinvolta dalla presenza e dalla figura di Gesù, mentre
è sorpresa da un’intensa emozione per la consapevolezza della sua misera vita.
Per questo, non potendo trattenere i sentimenti esplosi nel suo animo, scoppia a
piangere. La donna era entrata in casa per fare un atto di venerazione, ora si
ritrova con gli occhi gonfi di lacrime, a piangere come una bambina, come
un’insensata. Che cosa è mai successo? È stato l’impatto con Gesù a scuoterla e
a travolgerla in una situazione assolutamente nuova e imprevista. Nessuno è
capace di programmare il pianto. Toccata profondamente nel suo intimo, quella
donna non è più se stessa; sente qualcosa dentro di sé che la fa commuovere e la
sospinge sempre più verso quel profeta di Nazaret.
Non solo si
mette a piangere, ma si piega, quasi prostrandosi, e le sue lacrime bagnano i
piedi del Maestro. A quella vista, come per rimediare al male fatto e con un
ulteriore senso di devozione, asciuga i piedi con i capelli. Un gesto
sconveniente quello di slegare i capelli in pubblico. Ella non si cura di sé. Si
sa bene quanta accuratezza abbia per la propria capigliatura ogni donna. Questa,
che sta lì, ai piedi di Gesù, non si risparmia nelle attenzioni, non elemosina
l’amore.
Giunge anche a baciare i piedi dell’amato Maestro; lo fa a lungo, senza
interrompersi, come farà notare Gesù, quasi per non voler distaccare il suo viso
e le sue labbra da quei piedi.
Infine li avvolge dell’unguento, versandovi l’olio profumato che aveva portato
con sé. Il comportamento della donna appare a dir poco sorprendente. Si fa
ardito fino alla sconvenienza, ma insieme si mostra umilissimo; è devoto e
rispettoso, ma anche affettuoso e dirompente. La sua persona, il suo essere,
tutto di lei è coinvolto nell’andare verso Gesù: dai sentimenti più profondi
dell’animo ai gesti più toccanti. Non ne resta escluso il corpo, anch’esso
semplicemente e sentitamente proteso ad amare.
La conversione, per questa peccatrice, scaturisce dall’incontro personale con
Gesù, il quale non si trova in imbarazzo per i gesti della donna. La lascia fare
davanti a tutti gli invitati. Il suo comportamento è insolito come quello della
donna.
A questo punto l’evangelista rimette in primo piano il fariseo, il quale mormora
tra sé, evidenziando la sua reazione interiore rispetto a ciò che sta vedendo.
Dentro di sé nasce il sospetto, non tanto sugli atteggiamenti della peccatrice,
che potrebbero realmente scandalizzare, ma nei confronti di Gesù come se non
fosse un vero profeta, non avesse la luce per capire la situazione imbarazzante
in cui si era posto.
Il fariseo è sorretto e guidato da una mentalità circostanziata, secondo la
quale vede e giudica, ma che gli impedisce di capire il senso giusto dell’amore
della donna e di intuire l’animo di Gesù. Indirettamente, il suo ragionamento
permette di svelare l’apprezzamento di Cristo verso i gesti compiuti dalla
donna. Con evidente approvazione Gesù elogia il modo di fare di lei. Non solo
non la redarguisce né la allontana, ma ne esalta il comportamento e ne rende
manifesto l’intimo amore. Un vero capovolgimento di prospettiva e di valori.
2. Il perdono in collegamento con l’amore
Dall’accostamento
della donna a Gesù il racconto sposta l’interesse al dialogo tra il Maestro e
Simone. È Gesù che prende l’iniziativa, rompe il ghiaccio e si rivolge al
fariseo chiamandolo per nome: “Simone”. Questo fatto sottolinea immediatamente
l’aspetto personale, che attira l’attenzione e rende il fiato sospeso. Cosa
vorrà dire il Maestro di così importante e mirato? Non si tratta di un discorso
generico sull’amore o sulla misericordia. Egli si rivolge direttamente alla
persona di Simone e, di riflesso, a ciascun lettore che guarda la scena e
ascolta la conversazione.
Gesù ha qualcosa di considerevole da dirgli, mentre testifica di conoscere le
persone, le menti, i cuori, cioè di essere un vero profeta, contraddicendo anche
con i fatti il giudizio farisaico. Quando comincia a parlare smaschera il
pensiero di Simone, lo porta allo scoperto, lo conduce a riflettere, a capire
ciò che egli non riesce a cogliere.
“Maestro, parla pure”, è la risposta del padrone di casa, il quale usa nei
riguardi dell’ospite espressioni cortesi e sembra totalmente disponibile
all’ascolto. Lo riconosce maestro, volendo mostrare rispetto verso di lui; si
capisce che è un atteggiamento formale, esteriore, poiché si sa che nel suo
cuore dubita della capacità profetica di Gesù.
Il Maestro inizia a parlare in parabola, in cui si dice che c’è un creditore,
che ha due debitori con una misura di debito differente e che generosamente fa
il condono a entrambi. Ne segue l’amore riconoscente dei due debitori. In ultimo
Gesù pone la domanda: “Chi di loro lo amerà di più?”. Simone risponde
giustamente che colui a cui fu condonato in misura più vasta ama di più, mentre
colui al quale è stato detratto un debito minore ama di meno. La risposta coglie
nel segno, ma deprezzando l’amore minore, di fatto ha condannato se stesso, il
suo poco e superficiale amore, per esaltare la donna, che ha offerto un grande e
vero amore. I due debitori della parabola corrispondono palesemente ai due
personaggi, con cui si raffronta Cristo. Quello che ha un debito maggiore e ama
di più equivale alla peccatrice, quello che ha un debito minore e ama di meno
coincide con il fariseo.
Gesù ormai mette le carte allo scoperto e parla chiaramente, fuori metafora,
confrontando i due amori rivolti a lui: quello di Simone e quello della
prostituta. “Voltatosi verso la donna, disse a Simone: ‘Vedi questa donna?’”.
Richiama l’attenzione del fariseo per vedere, cioè per capire quello che la
donna sta facendo, per comprenderne il senso vero e il motivo.
Inoltre gli fa notare il suo poco amore a paragone di quello della donna, di
gran lunga superiore al suo. La ragione di questo grande dislivello sta nel
fatto che il capo di casa, rispettoso, forse ammiratore di Gesù, impiega nei
suoi riguardi espressioni cortesi e si presta al dialogo istruttivo, però non lo
ama o lo ama poco, perché non è un peccatore o meglio non si sente peccatore,
bisognoso di misericordia. In tal modo egli si taglia fuori dall’esperienza
perdonante di Dio in Gesù; non assaporando la dolcezza del suo perdono, non è
toccato dalla misericordia risanante. Il suo amore, se così si può chiamare, ha
tinte scolorite, molto formali, si ferma a quel tanto che basta per non essere
sgarbato, ma niente di più; egli è stato graziato di pochi debiti, per questo
non prova un forte sentimento di riconoscenza e di affetto.
Per tre volte Gesù gli sottolinea puntualmente: Tu, Simone, non mi hai dato
acqua per i piedi, tu non mi hai dato un bacio, tu non mi hai unto il capo...
lei invece mi ha fatto più di questo.
Veramente le situazioni si capovolgono:
lui il fariseo dotto e giusto, disponibile all’ospitalità, rimane prigioniero
della sua rigidità di cuore, della sua durezza di animo, incapace di effondersi
sinceramente e semplicemente in gesti di amore; lei, la prostituta e la rozza di
spirito, ha rivelato una grande sensibilità interiore, si è lasciata muovere il
cuore e si è abbandonata premurosamente a elargire segni concreti e coraggiosi
di amore. Come è possibile tutto questo? Luca lo fa intendere nel modo di
procedere della narrazione, fino alle parole conclusive e illuminatrici di
Cristo.
Egli asserisce in modo solenne e autorevole: “Per questo ti dico”. Gesù parla in
prima persona come maestro in cattedra; la sua figura risalta sopra tutti i
presenti, mentre la sua voce sembra assumere un tono grave e sentenzioso. Non è
più questione di metafore o di suggerimenti etici, ora è enunciata una verità, è
posto innanzi al fariseo un principio o una regola di vita, a cui nessuno può
sottrarsi:
“Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato
a chi si perdona poco, ama poco”
Le parole mettono in stretta correlazione il perdono di Gesù con l’amore a Gesù.
Non sussiste amore per Gesù senza l’accoglienza del suo perdono, d’altro verso
il perdono dato da Gesù scaturisce dall’amore per lui. Un circolo vitale
inscindibile.
Gesù, alla fine, rivolge la parola alla donna: “Sono stati perdonati i tuoi
peccati”. In precedenza egli aveva ricevuto con disponibilità la peccatrice;
questa aveva sperimentato l’attenzione benevola di Gesù; ora il Maestro le
dichiara che in lei non ci sono più i peccati, perché sono stati perdonati, sono
rimossi. Ella è ora una persona libera. Ciò costituisce il culmine e la logica
conclusione di quanto è stato fatto e detto: quella donna rinasce ed è
trasformata; da peccatrice pubblica, come era stata presentata all’inizio, è ora
una creatura santificata, ricolma di grazia. È avvenuto un totale cambiamento,
dovuto esattamente all’esperienza dell’amore rigeneratore di Dio in Cristo.
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