Approfondimenti
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GESU' RISORTO DATORE DELLO SPIRITO
(Domenica di Pasqua 20/03/2016)
La sera di quello steso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (GV. 20,19-23).
Una volta inserito nella pienezza della vita divina, con la propria umanità glorificata, attraverso la risurrezione, Gesù non è solo il soggetto che accoglie lo Spirito, ma diventa essenzialmente il donatore. Infatti, dopo aver ricevuto dal Padre il dono dello Spirito, egli lo trasmette per sua interna disposizione al di fuori di sé, si fa sorgente zampillante del dono eterno verso coloro che condividono la stessa situazione umana e anelano alla vita nuova dei figli di Dio. Da una parte la sua intima comunione con la gloria del Padre lo rende partecipe della potenza originaria divina, del suo Spirito d’amore, dall’altra, per la solidarietà che lo lega al la creatura umana di cui egli costituisce il primogenito, è il canale attraverso il quale lo Spirito passa dalla fonte divina all’umanità intera. Gesù risorto così si fa origine e strumento dello Spirito che si effonde su gli uomini (cf. 1Cor 15,45).
a. Nel giorno di Pasqua
Ecco perché «la sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù e stette in mezzo a loro» (Gv 20,19). L’evangelista ci tiene a sottolineare il tempo in cui Gesù appare ai discepoli: è la sera del giorno della risurrezione, il nuovo giorno che inaugura i tempi ultimi. Di tale giorno egli aveva accennato ai suoi nella promessa del Paraclito, lo Spirito di verità, in virtù del quale essi avrebbero conosciuto la comunione di Gesù con il Padre e dei discepoli con Gesù (Gv 14,20). Quel giorno si è attuato con il giorno della risurrezione, il primo dopo il sabato. È il giorno quindi della realizzazione della promessa, il giorno in cui viene comunicato il dono dello Spirito. Gesù è in mezzo a loro, come nell’ultima cena, ma questa volta non più nella debolezza della carne ma nella gloria sfolgorante della risurrezione, con la quale il suo corpo di carne, di cui le piaghe mostrano bene la realtà della morte, è stato trasfigurato in un corpo ricolmo di Spirito. Egli ormai è l’uomo nuovo, l’uomo datore dei doni messianici: la pace, la gioia, la remissione dei peccati, la missione, ma il più grande e il più significativo è il do no dello Spirito, che li contiene tutti e li riassume (Gv 20,20-23). Ed è proprio il dono dello Spirito che acquista un valore particolare nell’insieme del racconto. Prima Gesù dona la pace, poi mostra le mani e il costato, a cui segue la gioia dei discepoli nel vedere il Signore. Riprende la comunicazione della pace, che costituisce il motivo ripetitivo, quale espressione della realtà messianica di Gesù. Egli l’aveva promessa nella sua vita terrena (Gv 14,27; 16,33), ma ora la trasmette loro realmente. È la «sua pace», non come quella del mondo, la pace cioè che i discepoli possono avere solo da lui e in lui. Poi Gesù conferisce loro la missione, ch’egli a sua volta ha ricevuto dal Padre: «Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi» (Gv 20,21b). Così aveva già pregato nel cenacolo: «Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo» (Gv 17,18). Con la missione i discepoli so no intimamente uniti a Gesù, con quello stesso pro fondo legame che unisce Cristo al Padre. Essi in tal modo entrano in comunione con il Padre e, attraverso Cristo, si rapportano a lui quale principio e sorgente ultima della
missione. La missione consiste principalmente nel comuni care la comunione di amore trinitario, nella quale gli uomini trovano la vera riconciliazione con Dio e tra di loro. La remissione dei peccati è precisamente la grazia di poter attuare l’unione con Dio, al di sopra di ogni egoismo umano, quell’unione che raggiunge la profondità del rapporto del Figlio verso il Padre nella potenza vivificante dello Spirito.
b. L’effusione dello Spirito
A tale scopo è dato lo Spirito Santo. Infatti lo Spirito, per sua natura personale, è il principio di ogni comunione, non solo all’interno della vita trinitaria, ma anche nell’incontro che si stabilisce tra Dio e l’umanità in virtù dell’opera del Figlio incarnato. Proprio per il dono di questo Spirito, la pace e la remissione dei peccati, che Gesù comunica ai discepoli quale loro missione, può trovare il giusto e pieno compimento. Perciò la remissione dei peccati è opera dello Spirito Santo. «Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20,22). Gesù compie un gesto, quello di alitare, a cui accompagna le parole con le quali comunica lo Spirito. Il gesto indica l’infusione della vita. Ma è Dio che in fonde la vita. Gesù risorto è colui che dona la vita come fa Dio, poiché possiede la stessa potenza vivi peccatrice. Tuttavia questa vita non è tanto a livello naturale della creazione o della vita terrena dell’uomo, ma è la vita dello Spirito, quella vita che è propria di Dio, del suo essere intimo. Essa è data dal soffio eterno che scorre
continuamente dal Padre al Figlio e che li rende un solo Spirito vivificante. Questa è la vita vera, che i discepoli sono stati chiamati a diffondere nel mondo, dopo che essi da Cristo risorto hanno ricevuto in pienezza il soffio
eterno della vita, il dono dello Spirito.
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